L’inarrestabile agonia della Rai meloniana

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Forse 70 anni sono davvero il limite insuperabile della vecchiaia, della decadenza. Forse anche per la Tv, oltre che per noi umani. La storia della Rai direbbe questo. Dice questo ogni giorno. Ma dice anche che l’agonia di un servizio pubblico che l’Europa, sia pure in tempi lontani, ci invidiava non è determinato dal tempo che passa, dal digitale che ha cambiato le nostre vite, dagli algoritmi dominanti, bensì dalla politica di occupazione militare dell’estrema destra di governo che abbina all’incompatibilità con il pluralismo una incommensurabile incapacità e incompetenza.

Ogni settimana lo studio FRASI, sulla base dei dati Auditel, effettua una elaborazione scientifica dei flussi e dei numeri degli ascolti relativi al giorno medio (day time) e alla prima serata (prime time) delle reti a valenza nazionale, dai RAI 1 a Real Time per le 38 settimane di programmazione vera e propria, cioè esente da repliche tipiche di programmazione estiva.

Questo confronto viene realizzato comparando i dati di ascolto degli stessi giorni di un anno fa, stagione 202-2023.

Ininterrottamente da settembre 2023 la Rai perde ascolti con una costante fissa che riguarda il progressivo cedimento di Rai 3. Nelle settimane dal 10 settembre 23 al 23 marzo 24 Rai 1 ha perso più di 86.000 spettatori nel giorno medio e 50.500 nel prime time. Rai 3 ha lasciato sul campo oltre 61.000 spettatori nel day time e quasi 262.000 nel prime time. Il dato di perdita più alto di tutte le reti nel periodo esaminato!

Nel prime time è notevole anche il crollo di Rai 2 con quasi 120.000 spettatori persi, ma quello che fa rabbrividire è il regalo senza precedenti che questa Rai sta facendo alla concorrenza. Eclatante, e ben lo sappiamo, il trionfo de “la 9”, rete sconosciuta un anno fa, che gli utenti non sapevano neppure identificare in un canale, men che meno sul satellite.

Fabio Fazio – che per inciso un anno fa in questi giorni il Cda con Fuortes presidente poteva tenere in Rai rinnovandogli il contratto – da solo porta sulla rete 9 un aumento di quasi 230.000 spettatori nel prime time. Cifra inquietante perché molto molto vicina alla perdita di Rai 3. E la 7? Festeggia anche la rete guidata da Andrea Salerno e Enrico Mentana. Aumenta, non molto, nella giornata ma ha quasi 115.000 spettatori in più nei serali.

Per quanto riguarda Mediaset aumenta solo Italia 1, ma le perdite delle altre reti (più forte quella di Canale 5) sono contenute, tanto che per la prima volta nel 2023 le reti della famiglia Berlusconi hanno superato complessivamente la Rai.

E’ un problema politico? Si. Enorme, inimmaginabile. E’ un problema di incompetenza? Anche. Perché come in ogni campo la destra meloniana non ha professionisti competenti, diciamo neanche professionisti, e se lo sono operano esclusivamente da militanti politici.

Così un direttore va a vantarsi di essere fra i fondatori di Fratelli d’Italia e quando una sua testata, Televideo, scrive che “Io capitano” il film di Garrone cha ha corso per gli Oscar, è la storia di Schettino e della Costa Concordia nessuno muove un dito, nessuno prende un provvedimento. Tutto scorre, è tutto normale.

Di fronte a questo sfacelo le opposizioni avrebbero solo due strade: cercare i due migliori professionisti dei media in Italia e con competenze europee e mandarli a battagliare minuto per minuto per evitare il tracollo definitivo del servizio pubblico, oppure astenersi, non partecipare al gioco del voto per il Cda, non accettare confronti Tv in Rai, combattere da fuori proponendo una legge di riforma della governante del servizio pubblico, per ripristinare regole democratiche e una gestione indipendente magari attraverso una fondazione. Le leggi sulla Rai le ha sbagliate e molto anche il Pd. Quello di Renzi. Ma quel tempo è finito: Pd e 5 Stelle dovrebbero vivere la vicenda della Rai come una delle priorità per riconsegnare ai cittadini-utenti (che pagano il canone!) un patrimonio al quale hanno diritto.

(Nella foto la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni)


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