#MahsaAmini. Gridare “donna vita libertà” nel paese dove Giorgia Meloni preferisce “dio patria e famiglia”

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Lo slogan più sentito alla manifestazione milanese per Mahsa Amini è stato l’ormai globalizzato “donna vita libertà”. E faceva ancora più impressione sentirlo oggi in una nazione che ha mandato al potere una leader che preferisce lo slogan “dio patria e famiglia”.

Tremila persone, la metà almeno di giovani uomini e donne della diaspora iraniana ha dato vita ad un corteo emozionante: lodevole il coraggio nel mostrarsi a viso scoperto, intuendo dietro ciascuna di quelle facce la ricattabilità dei genitori o dei parenti ancora là, nel paese dell’integralismo sciita. Un corteo ordinato, che si è snodato nel centro milanese, circondato un po’ da ammirazione, curiosità e rispetto: come si fa a non solidarizzare con un movimento che chiede i diritti elementari? E su questo le sigle che hanno aderito erano una garanzia: Cgil, Amnesty International, Anpi, Libera, Fondazione Diritti Umani. C’erano i loghi di tutto il centro sinistra. La Fnsi, l’Ordine dei Giornalisti e le associazioni ad essi collegati come Articolo21 e Giulia.

La bellezza di Mahsa Amini risaltava nelle foto portate dai manifestanti. Ma lo “spoon river” delle giovani vittime della repressione iraniana non erano meno emozionanti: erano la prova di un regime che potrebbe essere spazzato da via da un movimento se non applicasse uno spietato ed asfissiante controllo della popolazione. Un pezzo di mondo senza diritti che i media ignorano: le notizie dall’Iran sono sparite dai menabò, e non solo perché da lì, con oltre 80 giornalisti incarcerati, filtra poco o niente. La spiegazione è più complessa: i media si fanno interpreti di sentimenti egoisti e provinciali immaginando che la gente sia già fin troppo aggrovigliata nella crisi sociale. L’odio del regime dei mullah contro le donne racconta il contrario: il paternalismo e il maschilismo sono diffusi ovunque. La lotta per Mahsa Amini è strettamente intrecciata alla lotta per evitare i femminicidi. Chi era oggi in piazza lo ha capito. I direttori dei giornali un po’ meno.


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