Cospito, per la Meloni deficit di leadership

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Il 2023 non comincia bene per Giorgia Meloni. Dopo il colpo sul caro carburante, un altro arriva dal caso Cospito. E i problemi arrivano anche dall’interno della maggioranza, da uomini più che “esuberanti” dentro Fratelli d’Italia, il suo partito.
Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro, due deputati di Fratelli d’Italia, l’hanno combinato grossa. In pratica hanno addirittura accusato il Pd di favorire la mafia. Il primo, vice presidente del comitato parlamentare sui servizi segreti, ha azzardato parlando alla Camera: «Voglio sapere se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia». Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, ha chiesto al Pd di spiegare «l’inchino ai mafiosi». L’accusa è arrivata dopo che alcuni deputati democratici erano andati a trovare Alfredo Cospito in carcere: l’anarchico, rivelava Donzelli, che parlava con alcuni mafiosi in prigione con lui sull’obiettivo di cancellare il 41 bis, il carcere duro destinato ai boss e ai terroristi.
Scoppia il putiferio dentro e fuori Montecitorio. Le opposizioni respingono con sdegno le accuse di connivenza del Pd con la mafia, accuse giudicate fuori dal mondo da gran parte della stessa maggioranza. Quindi chiedono le dimissioni di Donzelli per aver rivelato le conversazioni segrete tra Cospito e i mafiosi. E chiedono anche le dimissioni di Delmastro per aver comunicato all’amico e collega Donzelli i colloqui.
Tutto è iniziato ad ottobre con lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, aderente alla Federazione anarchica informale (Fai), contro il regime di carcere duro al quale è sottoposto con le regole del 41 bis.
Scontri tra polizia e manifestanti sono avvenuti ai primi di febbraio davanti al penitenziario di Opera nel quale è detenuto Cospito e a Roma. Qualche centinaio di manifestanti, in larga parte aderenti al Fai, hanno chiesto l’annullamento del carcere duro per Cospito.
Per Giorgia Meloni non c’è soltanto un problema di ordine pubblico e di pericolo di attentati. La presidente del Consiglio deve affrontare un clima incandescente con le opposizioni e dentro la stessa maggioranza. Invita tutti all’unità. Cerca di rasserenare gli animi: «I toni si sono alzati troppo, e invito tutti, a partire dagli esponenti di Fratelli d’Italia, a riportarli al livello di un confronto franco e rispettoso». Ricorda i pesanti attacchi ricevuti in passato dalla sinistra. Respinge le dimissioni di Donzelli e Delmastro perché non ritiene esistere «in alcun modo i presupposti». La decisione sembra presa in base al giudizio di Carlo Nordio sul caso Cospito. Il ministro della Giustizia considera sensibili ma non segrete le conversazioni rivelate da Donzelli tra l’anarchico e i boss.
Tutte le opposizioni bocciano Giorgia Meloni. Enrico Letta e le capogruppo parlamentari del Pd Malpezzi e Serracchiani l’accusano di difendere l’indifendibile parlando come «un capo partito». Così «riattizza il fuoco invece di spegnerlo».
Giorgia Meloni inciampa sul caso Cospito. La vicenda dimostra la visione gladiatoria della politica di molti esponenti di Fratelli d’Italia. Fa emergere un suo deficit di leadership: non sempre la presidente del Consiglio riesce a controllare gli eccessi di un partito di governo che alle volte si comporta come se fosse ancora una destra di opposizione. È la seconda scivolata della Meloni dopo quella del caro carburanti con la relativa valanga di proteste. La popolarità della destra di governo sembra vacillare. Un test politico ci sarà tra breve: il 12 e 13 febbraio si voterà in Lombardia e nel Lazio per le elezioni regionali.

Rodolfo Ruocco

 


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