Le denunce di Articolo 21 contro l’involuzione democratica: ora saremo ascoltati?

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Ma davvero si può pensare, o credere, che la maggioranza degli italiani si riconosca in questi due presidenti di Senato e Camera? Mai come oggi sento il bisogno di urlare ‘Mai nel mio nome!’.
L’Italia può essere rappresentata da un erede del fascismo (mai abiurato e custodito con busti e gagliardetti) e da un omofobo, antidivorzista, antiabortista e putiniano?

E’ questo il Paese – come ha ricordato la grandissima Liliana Segre anche in faccia a quei mercenari, ipocriti e falsi, che dai banchi dell’opposizione hanno votato La Russa – costruito dai 100mila caduti della Resistenza, da Giacomo Matteotti in poi, dai padri e dalle madri della Carta Costituzionale? O piuttosto è il Paese nel quale gli spazi di democrazia si sono progressivamente chiusi, non solo perché i luoghi di attiva partecipazione non esistono più, ma anche – e forse soprattutto – per una indegna legge elettorale ed un drastico ridimensionamento delle rappresentanze parlamentari?
Noi di Articolo 21 non denunciamo tutto questo, oggi, perché le elezioni sono state vinte dalle destre. Lo sosteniamo da anni, anche se ascoltati da pochi. Come fare a non opporsi, con tutte le forze possibili, all’approvazione di una legge elettorale che costringe il cittadino non a scegliere chi lo rappresenterà nei luoghi legislativi, ma a limitarsi a mettere una croce sulle disposizioni delle segreterie dei partiti? Perché chi, in modo così violento e palese, è stato escluso dal gioco democratico dovrebbe poi recarsi a votare? A tanti non basta tapparsi il naso e il 25 settembre si è visto con un astensionismo senza precedenti nella storia delle elezioni politiche in Italia.

E poi, come non ricordare le ridicole motivazioni addotte per il radicale ridimensionamento di Camera e Senato, mentre veniva gelosamente tenuto nascosto il vero obiettivo: mettere i 400 senatori e i 200 deputati nelle mani di pochi capibastone che decidono per tutti. E si è visto chiaramente il 13 e il 14 ottobre. Altro che favorire il bipolarismo. Con il quasi dimezzamento delle rappresentanze parlamentari e, contemporaneamente, con quella scellerata legge elettorale si marcia spediti verso quella che, con la solita paura delle parole che dicono la verità, viene chiamata ‘democratura’.
Ora, che fare? I cittadini dovranno purtroppo fare i conti con le false promesse, le bollette dimezzate, i milioni a go go, il lavoro per tutti, cavallo di battaglia della campagna elettorale di Lega e FDI. Quando se ne renderanno conto comincerà una dura protesta che, se non mediata, si trasformerà in rivolta. Il Parlamento conciato com’è vedrà la smaniosa corsa a fare da sgabello ai vincitori azzoppati, da parte di quanti vedono nella politica solo il potere e non la democrazia. Ricordiamoci del volgare esito della votazione al Senato.
Noi, cittadini democratici, avremo solo l’arma delle assemblee, delle manifestazioni, della riflessione, delle analisi dei rischi che progressivamente corre la nostra Repubblica. Questa volta la situazione è completamente diversa da qualche anno fa, quando alcuni esponenti del centrosinistra accettavano la logica di una contrazione di spazi di democrazia per garantire la ‘governabilità’. Nella contingenza attuale il pericolo è che quegli stessi figuri oggi colgano l’occasione per rilanciare i temi del presidenzialismo e delle modifiche costituzionali. I partiti realmente democratici ripeteranno gli errori già commessi o finalmente si decideranno ad ascoltare i movimenti e le associazioni che, come noi, credono che la democrazia vada praticata e non solo enunciata?


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