Quando la banalità del male arma la mano di una donna

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«A Treviglio una donna di 71enne ha sparato cinque colpi di pistola contro due vicini di casa, marito e moglie, e ha ucciso l’uomo, un 62enne. Ferita gravemente alle gambe la donna, 58 anni. Il delitto all’alba di giovedì a Treviglio, in provincia di Bergamo. La donna che aperto il fuoco è stata arrestata con l’accusa di omicidio volontario aggravato e tentato omicidio. Il delitto al culmine di una lite». In queste poche parole pubblicate dall’Agenzia giornalistica La Presse è racchiusa la follia umana che riesce ad armare la mano di una donna per sparare con l’intenzione di uccidere due persone  dettata da una motivazione  classificata dagli inquirenti: “per futili motivi”. La Scuola di Formazione Giuridica Zincani :  «quando l’azione sia stata determinata da uno stimolo così lieve e banale da risultare sproporzionato rispetto alla gravità del reato, tale da potersi considerare, in base al comune sentire, del tutto insufficiente a determinare il delitto, risultando invece il mero pretesto per dare sfogo al proprio impulso criminale». L’efferato delitto commesso dalla donna è stato ripreso da una persona che con il suo telefono ha registrato la scena per poi finire in rete come prova del suo crimine. La banalità del male in questo caso è rappresentata dal comportamento dell’assassina, che dopo aver sparato dimostra un’ostentata tranquillità senza provare nessun rimorso o pentimento.

Sul marciapiedi davanti alla casa si vede il corpo dell’uomo sdraiato a testa in giù, la donna seduta che si tocca la gamba ferita e in mezzo il cagnolino della coppia, che gli inquirenti spiegano potrebbe essere la causa scatenante del litigio. È impressionante osservare (in epoca social ogni nostra azione nel bene o nel male diventa di dominio pubblico, e virale, come in questo caso) quanto accade negli istanti successivi alla tragedia: la donna si allontana dalla scena del delitto con assoluta indifferenza, cerca nelle tasche del suo abito qualcosa, forse le chiavi di casa, mentre nell’altra mano tiene la pistola. Indietreggia verso la coppia, li guarda e sembra che voglia dire qualcosa alla donna che sta seduta di spalle. Ritorna verso la porta d’ingresso e cerca ancora nella borsa, un gesto banale che ognuno di noi fa ogni giorno, qui complicato dall’uso di una sola mano. Non scappa, non assume nessun comportamento che potrebbe indicare una reazione emotiva di paura per essersi resa conto del suo gesto insano. Si accorge che qualcuno la sta riprendendo quando alza lo sguardo verso l’alto. In lei si percepisce come se volesse restare lì e insistere verbalmente o solo con la sua presenza fisica per rivendicare  il suo gesto insano. La risposta ad un litigio come parte offesa, del danneggiato, di chi ha subito un torto, mentre la realtà ci dice che lei sta dall’altra parte: quella dell’offensore.

Descrivere la sua immagine è altrettanto banale, come può essere quella di una donna qualunque, come se ne possono incontrare tutti i giorni al supermercato a fare la spesa, senza caratteristiche che possano ricondurre ad una specifica tipologia tale da far sospettare qualcosa di losco, di delinquenziale, di criminale. Ma ancora la volta la banalità del male si nasconde nelle pieghe di un dettaglio: la pistola che una donna di 71 anni aveva nella borsa, al posto di qualunque altro oggetto d’uso quotidiano. L’ultimo istante del video in cui appare la scritta: “sconsigliata la visione”, ma a quanto pare l’irrefrenabile morboso impulso di renderlo pubblico, come bisogno di testimoniare “io c’ero”, non prevede nessun rimorso in assenza di pietà per le vittime. La banalità del male si amplifica grazie alla pornografia dell’immagine. Fin qui il resoconto dell’ennesima tragedia che appare sempre più un’emergenza sociale che dovrebbe suscitare preoccupazione e apprensione tra chi ha delle responsabilità istituzionali. Crimini per futili motivi sono sempre più frequenti e appaiono come gesti sconsiderati, assurdi, dettati da reazioni inconsulte, privi di qualunque ragione, come se sparare ad un essere umano possa avere una logica. A Pescara un cliente di una rosticceria spara al cuoco che resta gravemente ferito, arrabbiato perché “gli arrosticini erano poco salati”.

Si avvicina al banco e punta la pistola due volte come fosse un gesto di protesta inoffensivo che possa essere pensato con sufficiente lucidità mentale, per poi uscire e andarsene senza aver compreso la gravità del suo gesto. A Bolzano un uomo in evidente stato di ubriachezza sale a bordo di un furgone e spara quattro volte con la sua pistola verso le finestre di un condominio e non soddisfatto spara ancora in un’altra zona della città. A sua difesa la moglie (di un pregiudicato) accusa il barista che gli ha servito da bere nonostante il marito fosse già ubriaco. Se sei sotto effetto dell’alcol è legittimo pensare che tu possa sparare? Il confine tra lecito e illecito non esiste più, ogni azione dettata da chissà quale istinto diventa normalità?

La giustificazione per aver ucciso: “non mi facevano dormire da 4 anni”. La banalità del male nel pensiero di una donna che ha creduto di poter togliere la vita ad un uomo solo perché “non mi facevano dormire da 4 anni”. Questa è una regressione del comportamento umano ai tempi di un’epoca barbarica dove l’istinto di sopraffazione e violenza aveva il predominio su qualunque altra azione dettata dalla coscienza. In questo assurdo gesto c’è dietro il fallimento di ogni regola di convivenza sociale, di ogni remora nell’evitare l’offesa gratuita intesa come privazione della vita altrui.

O sarebbe il caso di interrogarsi su un fenomeno che sta diventando sempre più allarmante con un tasso sempre più alto di omicidi anche per motivi abietti. Uomini che uccidono le proprie mogli, una vera mattanza, omicidi suicidi come gesto estremo di condanna di sé stessi. Omicidi per un mancato rispetto di uno stop sulla strada. La psichiatria forense e la criminologia dovrà aggiornare i suoi studi e cercare di trovare delle risposte urgenti al fine di comprendere le cause di queste azioni che sono sempre più frequenti e forse sarebbe il caso di indagare da cosa sono state determinate. In questi ultimi tre anni da quando la pandemia da Covid-19 ha alterato la vita umana appare sempre più rilevante l’aumento di aggressività auto etero diretta tra la popolazione, indistintamente dal ceto sociale e fascia d’età. La correlazione e legame tra causa ed effetto appare sempre più evidente: un disagio sociale innescato da un contesto di vita alterato. Il Servizio analisi criminale del Ministero degli Interni riporta nel suo documento redatto dalle Forze di Polizia per l’anno 2021 il numero di 277 omicidi volontari.


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