Da Almeida Garrett ad un’utopia praticabile 

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Alla ricerca di una strategia culturale perduta. Con un percorso a handicap, mille emozioni, avventure in giro per l’Europa. Tutto in 220 pagine. Da leggere d’un fiato. Stavolta il protagonista del nuovo romanzo di Ottavio Olita – giornalista sardo di lungo corso – è uno studente poco più che ventenne. All’inizio della trama il ragazzo, Luca, s’allontana con disgusto da termitai nostrani popolati da pseudo-big politici e portaborse narcisisti, identici sia che si presentino come intellettuali sia che si rivelino esperti soltanto in clientele. Poi torna a combattere in quei labirinti, dove troppo spesso s’annida l’indifferenza, con la freschezza dei giovani: “Contro scatenati individualismi che parlano alle pance più che ai cervelli e ai cuori”. Ma la lotta è tutt’altra che ingenua. E’un idealismo fatto di svolte, decisioni, scelte. Un’utopia per realisti, non un sogno impossibile. Gli stessi sentimenti che animano la ragazza al suo fianco, Bea.

Il libro s’intitola “Sulle tracce di Almeida”. Prezzo di copertina 16,90 euro. Stampato dalle Grafiche Ghiani di Cagliari nel novembre 2021, pubblicato da IsolaPalma, è già disponibile da settimane nei maggiori centri di vendita sul territorio e negli store sul web (per chi non risiede in Sardegna). In un intreccio avvincente tra la Terra dei nuraghi, il centro-nord del Continente italiano, Spagna e Portogallo, la storia si snoda attraverso diversi colpi di teatro. Per raggiungere gli obiettivi prefissati, e soprattutto per riformare certi modi un po’ mefitici di fare politica culturale, Olita e i suoi personaggi si servono di uno scrittore portoghese. Un autore del periodo romantico realmente esistito, ma poco conosciuto: Almeida Garrett, nato a Porto nell’ultimo anno del Settecento e morto a Lisbona a metà Ottocento. Un nome che rappresenta precise garanzie per rilanciare i metodi di un’informazione aderente alla realtà, i principi del liberalismo, molti valori dell’attivismo sociale. Il viaggio di formazione del protagonista si rivela fonte di speranze. Esistenze individuali e intimità personali si sposano di frequente con visioni più ampie. I presupposti di vite comuni si legano costantemente con prospettive sugli interessi generali delle comunità e dei contesti geopolitici di riferimento. Le esigenze private diventano così, spessissimo, fattori di pubblica rivolta, alimentando il susseguirsi delle scene. Una serie di passaggi nei quali il confronto tra padri e figli, tra vecchi e giovani, finisce una volta tanto per non tramutarsi in uno scontro, forse perché il racconto è ambientato in larga parte al di fuori dell’Italia di oggi.

Per il resto, sempre sulle tracce di Almeida, Olita ricorre a personaggi già descritti in precedenti romanzi al fine di rendere la narrazione scorrevole, ricca di effetti a sorpresa. Ma in questo caso il capitano dei carabinieri e l’avvocato al centro di vicende presentate in passato dall’autore rimangono in secondo piano. Il palcoscenico è interamente riservato a Luca e Bea: perché sono loro che, ritrovando prima di tutto se stessi, potranno lanciare i semi per un’autentica rivoluzione che punta a cambiamenti profondi nelle politiche culturali. Semi che forse saranno in grado di aprire le porte del futuro. O così ci si attende, visto che mai come ora, in tempi di pandemia, è arrivato il momento di aprire i confini degli Stati e concedere a tutti chance per una vita e un lavoro dignitosi, lontani dagli sterili echi rilanciati da nazionalisti, demagoghi e populisti. In definitiva, a ben vedere, quest’ultimo libro di Olita è il romanzo coraggioso di un professionista old boy che dimostra quanto le utopie possano rivelarsi concrete. A volte, quantomeno. E sempre che a volerle fare avverare ci siano persone determinate, generose, attente ai problemi degli altri, pronte a spendersi per il bene collettivo.


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