Covid 19, nuova ondata di odio e minacce contro Antonella Napoli

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Il linguaggio d’odio è un attacco alla libera informazione. Il linguaggio d’odio può trasformarsi in censura. Per questo, ancora una volta, siamo vicini e solidali con Antonella Napoli, membro dell’ufficio di presidenza di Articolo 21 e direttrice di Focus on Africa oggetto di una nuova ondata di insulti e minacce dei soliti squadristi da tastiera. Ma denunciano anche l’inefficacia dei sistemi di contrasto a un fenomeno sempre più dilagante che va contrastato con maggiore determinazione.
Sono tanti, troppi, i giornalisti molestati, offesi e minacciati online e che finiscono nel mirino di vere e  proprie macchine del fango e di odio che si riversa sui malcapitati di turno solo per aver manifestato il proprio pensiero. Come accaduto ancora una volta ad Antonella Napoli.
La colpa della nostra collega? Aver manifestato il suo pensiero a favore del vaccino Covid 19. scrivendo: “Avevo deciso di non parlare più di Covid 19, né di vaccino.
Ma dopo la morte del bimbo di 10 anni non vaccinato sento il bisogno di farlo.
Questa dose booster è per lui e tutti quei soggetti deboli che il vaccino non possono farlo”.
A stretto giro sono arrivati commenti offensivo e qualche minaccia, del tono “devi morire ammazzata”.
Non è la prima volta che Antonella Napoli riceve attacchi di questo genere. A un certo punto erano diventati così violenti e continui da spingerla a sospendere i suoi profili social.

“Dopo l’ultimo attacco degli squadristi da tastiera che risponderanno in tribunale delle minacce di stupro e delle offese alla sottoscritta, ho deciso di limitare l’accesso al mio account twitter. Non è una mia resa, ma una sconfitta per tutti coloro che credono nella libertà di espressione e di informazione” aveva scritto qualche mese fa all’ennesima ondata di vergognosi e schifosi attacch a seguito di un articolo sul sito di Articolo 21 di Antonella sui disordini di Forza Nuova a Piazza del Popolo.
“Il mio è un atto di protesta per ricordare che il fascismo non è un’opinione ma un crimine ed è assurdo che ci si possa autodefinire “fascisti” e postare insulti sui social senza che nessuno intervenga” aveva sottolineato la collega.
Non è questione di “coraggio” affrontare insulti e aggressioni via social: chi sceglie il mestiere di informare sa che ci sono molte trappole sulla strada della buona informazione, dalle querele temerarie di chi non vuole che qualcuno vada a scoperchiare le sue pentole e i suoi affari oscuri, alle minacce delle mafie di tutto il mondo.
Giornalisti come Antonella Napoli o Paolo Berizzi al fianco dei quali si schiera la Federazione nazionale della stampa, che si costituirà parte civile nei procedimenti per le minacce ricevute dai colleghi.
Il 4 aprile prossimo il presidente è il segretario della Fnsi saranno accanto a Berizzi al Tribunale di Bergamo dove inizierà il processo che vede imputati, con citazione diretta a giudizio, dieci persone individuate come gli autori di insulti e minacce, anche di morte, contro il giornalista di Repubblica, Paolo Berizzi, finito nel mirino per sue inchieste sul nazifascismo. Oltre alla Fnsi anche il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, insieme all’Associazione Lombarda dei Giornalisti e all’Ordine regionale, hanno annunciato che chiederanno di costituirsi parte civile contro tutti gli imputati perché si ritiene che essi abbiano leso la libertà di informazione nel suo complesso e rappresentino la prova plastica delle aggressioni on line ai giornalisti italiani.
”La Federazione, l’Ordine nazionale con l’Associazione e l’Ordine regionale si costituiranno assieme dalla parte di qualunque cronista, donna o uomo, minacciato per diverse ragioni, sia online che per altre vie. Basta impunità, bisogna contrastare con forza questo fenomeno che non può e non deve essere sottovalutato” afferma Beppe Giulietti, presidente della Fnsi.


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