Al Quirinale il meno ostile a tutti

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Draghi al Quirinale è una scommessa difficile. Sarà molto complicato eleggere il nuovo presidente della Repubblica al posto di Sergio Mattarella. Ci sono solo due punti fermi: 1) il centro-destra avrebbe i numeri per eleggere un suo candidato; 2) Mario Draghi parrebbe l’uomo giusto, perché è stimatissimo sul piano internazionale e perché vanta i forti risultati positivi di 10 mesi di governo.

Tuttavia sono due punti fermi al condizionale. Il centro-destra è diviso: Forza Italia e la Lega sono al governo mentre Fratelli d’Italia è all’opposizione. Berlusconi e Salvini sono tiepidi verso una candidatura di Draghi perché temono le possibili elezioni anticipate se il presidente del Consiglio lasciasse Palazzo Chigi per il Quirinale. Giorgia Meloni invece eleggerebbe Draghi come capo dello Stato ma vorrebbe immediatamente l’apertura anticipata delle urne, contando di fare il pieno di voti.

L’incognita Quirinale è assoluta. Berlusconi ambisce a diventare capo dello Stato, ma sa bene quanto sia difficile l’impresa. Non a caso è stato prudentissimo anche dopo il vertice con Salvini e Meloni di fine dicembre a Villa Grande. Il presidente di Forza Italia è rimasto abbottonatissimo con i giornalisti: «Io candidato? …Abbiamo rimandato ogni decisione».

Il centro-sinistra e i grillini non pongono veti a Draghi al Quirinale. Enrico Letta è il più disponibile ma le resistenze all’interno dei partiti sono fortissime. Sembra sotto attacco da più parti.

Draghi prima ha lasciato una porta aperta al Colle nella conferenza stampa di fine 2021 (si è definito «un uomo e un nonno al servizio delle istituzioni»). Poi, dopo pesantissime tensioni politiche, è prevalsa la prudenza nella conferenza stampa di lunedì 10 gennaio dedicata alle nuove misure anti Coronavirus (ha rifiutato di rispondere «ad alcuna domanda» sul Quirinale). L’immediato e contemporaneo calo dello spread indicano la propensione dei mercati perché il presidente del Consiglio non lasci Palazzo Chigi.

Draghi è un tecnico, un economista, un ex banchiere senza partito. Ha avuto l’incarico da Mattarella di presidente del Consiglio perché centro-sinistra, centro-destra e cinquestelle non erano in grado di affrontare l’emergenza Covid. Tuttavia anche SuperMario è una candidatura molto difficile per tre motivi: 1) i “grandi elettori” non hanno mai eletto come presidente della Repubblica un personaggio forte e nel voto segreto i “franchi tiratori” hanno sempre impallinato i candidati di peso; 2) il Parlamento è balcanizzato, i partiti sono divisi e frammentati in tanti gruppi e sottogruppi e nessuno controlla niente; 3) la gran parte dei deputati e senatori rischia di non essere rieletto e guarda con sospetto all’ascesa di Draghi al Quirinale perché potrebbe aprire la porta alle urne anticipate.

La scelta potrebbe cadere non su una prima stella ma su un candidato gradito o meno ostile a tutti. Potrebbe essere il caso di Paolo Gentiloni o di Dario Franceschini nel centro-sinistra. Sia il commissario europeo all’Economia sia il ministro della Cultura sono due uomini del Pd dai modi garbati. Oppure la scelta potrebbe cadere su Letizia Moratti o su Marcello Pera, due scoperte politiche di Berlusconi nel centro-destra. L’ex presidente del Senato e la ex sindaca di Milano sono stimati e possono attrarre voti trasversali. E’ un identikit analogo a quello di Franceschini e di Gentiloni.


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