Cronisti minacciati, ai dati “allarmanti” del Viminale c’è poco da aggiungere. Bisogna agire

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Il Viminale, con la consueta puntualità, ha reso noto l’ultimo rapporto semestrale sulle croniste e i cronisti minacciati.
La stessa fonte definisce “allarmanti” i dati e, quindi c’è poco da aggiungere .
Aumentano i casi di “molestie” , dentro e fuori la rete, contro il diritto di cronaca.
Aumentano le “vite sotto scorta”, al lungo elenco si è ora aggiunto anche Sigfrido Ranucci, bersaglio preferito di corrotti e mafiosi.
Il primo semestre aveva già fatto registrare un aumento di oltre  l’ottanta per cento delle minacce, il secondo semestre resta nella media, ma segnala una nuova impennata causata dalla crescente aggressività di squadristi e negazionisti, spesso alleati, come ha dimostrato il clamoroso assalto alla sede nazionale della Cgil.
La regione più colpita è il Lazio, seguita dalla Campania, registrano un aumento Sicilia, Toscana, Lombardia.
Una crescita omogenea, su tutto il territorio nazionale.
Persistono le tradizionali insidie che hanno origine mafiose, a queste si aggiungono quelle dei movimenti neofascisti e i negazionisti che hanno nel mirino chiunque contrasti le fabbriche delle fake news e cerchi di prendersi cura delle vite degli altri.
Mafiosi, corrotti, squadristi di varia natura, negazionisti ,vivono di oscuritá e oscurantismo e, di conseguenza, odiano le luci dell’informazione.
Il rapporto del Viminale, con la consueta professionalità, forte delle segnalazioni che arrivano da prefetture e questure, ci fornisce  una mappa preziosa e da diffondere ovunque, per elaborare una efficace strategia di prevenzione e di contrasto.
Quello che il rapporto non può dirci e quanti di questi “molestatori” siano stati identificati, denunciati e quante volte i magistrati abbiano aperto un fascicolo e pronunciata una sentenza; purtroppo si tratta di numeri assai bassi e, anche per questo, molte croniste e cronisti rinunciano persino a denunciare le minacce ricevute.
A questo si aggiunga che, anche questo governo, in linea con i precedenti, non ha ritenuto di portare in aula per l’approvazione le norme per contrastare le querele bavaglio, per tutela il segreto professionale, per tutelare i precari, spesso i più esposti ad ogni forma di minaccia e di ricatto.
Lo stesso presidente Draghi, nella conferenza stampa di fine anno, non ha ritenuto di rispondere alle puntuali domande rivolte, su questo tema, dal nuovo presidente Carlo Bartoli.
Le prospettive per il 2022 non appaiono migliori.
Nonostante tutto continueremo a stare dalla parte dei cronisti minacciati, ad accompagnarli anche nelle aule dei tribunali, ad essere parte civile con i nostri legali, a manifestare davanti alle sedi istituzionali, a denunciare i bavagli vecchi e nuovi, basti pensare ai recenti ostacoli frapposti ad una corretta e trasparente informazione dei palazzi di giustizia.
Nella speranza , che forse andrà delusa, che il prossimo presidente della repubblica abbia nel cuore l’articolo 21 della nostra Carta e lo lo difenda con la stessa passione civile che ha animato il presidente Mattarella, autentico garante della Costituzione antifascista e antirazzista.


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