E’ l’ora dei corridoi umanitari

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La stampa americana per giorni ha dato massima attenzione alla crisi afghana, mentre procedeva il ponte aereo da Kabul, conclusosi qualche ora fa. Già ieri l’uragano Ida era in primo piano sui media Usa. E’ il ciclo delle notizie, implacabile ed è amplificato dalla fine dell’estate e con essa della pausa della politica, delle scuole, insomma del tempo delle vacanze. In ogni Paese, a settembre tornano in primo piano i fatti nazionali.
Ma sarebbe riduttivo – come al solito – puntare il dito contro i media. La storia di questi quattro decenni di conflitto ci insegna che l’Afghanistan viene facilmente dimenticato: è accaduto dopo il ritiro sovietico, è accaduto con l’inizio del conflitto in Iraq, con il ritiro dell’Isaf nel 2015.
Scrivo da giorni che il ponte aereo occidentale – il più grande della Storia – è stato un successo logistico e operativo (in particolare dell’Italia) ma un fallimento umanitario perchè c’erano troppe persone da portar via in troppo poco tempo; per giunta in condizioni difficilissime (pericoli di sicurezza, perimetro esterno in mano al nemico) e da uno scalo inadeguato (per capirci, lo paragonerei a Ciampino) e con enormi difficoltà di accesso per i potenziali passeggeri.
Ora che è decollato l’ultimo aereo americano (ormai sono rimasti solo loro sul campo) si comincerà a fare sul serio in Afghanistan: le promesse dei talebani verranno messe alla prova. Amnistia per “collaboratori” Nato, per ex-membri delle forze di sicurezza, ex-esponenti dell’apparato statale; diritti delle donne; libertà di stampa.
I talebani hanno anche preso un altro impegno: lasciar partire chi vorrà farlo purché abbia i documenti in regola. In questa direzione va la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu passata (con l’astensione di Cina e Russia).
In Afghanistan sono rimaste migliaia di persone potenzialmente a rischio. Di sicuro non sono il solo a ricevere quotidianamente email e ogni genere di messaggio da chi non è riuscito ad andare all’aeroporto (magari perchè viveva ad Herat) oppure non è riuscito ad arrivare ai cancelli, a farsi notare dalle truppe che portavano dentro le persone da imbarcare.
E’ un dovere morale aiutarli perchè a loro è stato chiesto, per anni, di esporsi a favore di valori occidentali e democratici: oggi può costare loro la vita.
Tanti in Italia si sono impegnati: associazioni varie, la Federazione della Stampa, il Ministero alla Difesa, la Farnesina.
Ora però l’Europa deve impegnare i Talebani a mantenere le proprie promesse e quindi aprire corridoi umanitari, vanno previsti lasciapassare in partenza (quando e se riaprirà l’aeroporto internazionale di Kabul) e visti in arrivo. E tocca ai media tenere una luce accesa sulla crisi di Kabul affinchè la politica non dimentichi un dovere morale che non è finito con il ponte aereo e che non può diventare l’ennesimo tema di accattonaggio politico e rissa per un pugno di like.


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