La rotta dei Balcani

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ll brutale inverno bosniaco ha ripotato l’attenzione dei media sulla cosiddetta rotta balcanica, il percorso che i migranti affrontano per spostarsi dalla Grecia verso il Nord Europa. La verità è che la rotta balcanica non esiste più, troncata da muri come quello ungherese e dalle violenze della polizia croata. Per questo la Bosnia è diventata una trappola, dove resta prigioniera anche l’umanità. Nell’ex-campo di Lipa, in questi giorni, va in scena l’agonia di un migliaio di migranti che si aggirano come fantasmi in una perenne tempesta di neve. “Perchè non si è creata un’alternativa?” – me lo chiedono in tanti, via social o di persona. Credo sia giusto tentare di rispondere ed è semplice farlo, pur nella sua complessità: perchè Lipa fa comodo a tutti, tranne ovviamente a chi ci vive.
Il campo, a 30 chilometri da Bihac, era stato costruito nella primavera scorsa, doveva servire solo per l’isolamento covid, non per affrontare l’inverno. Nonostante i milioni di Europa dell’Europa, il governo bosniaco non è riuscito a trovare alternative, ha sprecato l’occasione dell’estate e dell’autunno ed è così che l’IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) ha deciso di chiudere il campo, inadeguato all’inverno e privo di servizi essenziali. Il giorno della chiusura, un gruppo di migranti ha dato fuoco alle strutture, un po’ come avvenuto a Moria, Lesbos.

Perchè non si è trovata una soluzione? Basta pensare che ci sono abitanti di Bihac che da oltre cento giorni presidiano un ex-centro di accoglienza alla periferia della città, non vogliono venga riaperto. Cittadini hanno protestato anche in altre località bosniache. Vanno criminalizzati? Sono tutti razzisti? E’ colpa loro? Non credo, come sta accadendo in altri luoghi – da Lampedusa a Calais – la crisi europea dei migranti, che è crisi epocale, viene scaricata sui piccoli centri. Sono luoghi che facilmente vanno in crisi e vengono danneggiati, basta pensare al turismo cancellato da Calais dove pure non si vedeva un migrante per strada a pagarlo oro (erano tutti confinati nella “giungla” vicino l’autostrada, tentando di passare le recinzioni) eppure sulla cittadina francese era calata la maledizione della zona di guerra. Del resto sempre meglio sacrificare qualche voto in provincia che perderne nei collegi urbani, quelli che fanno la differenza.
Le tende che frettolosamente l’esercito bosniaco sta costruendo a Lipa, pur riscaldate, serviranno a poco. Il punto è che Lipa conviene perchè, collocato in una landa desolata, il campo nasconde il problema alla vista dell’opinione pubblica, degli elettori locali.
Ma non è corretto prendersela solo con il governo bosniaco, che pure dovrebbe spiegare come ha usato i soldi dell’Europa. Il punto è che Bruxelles continua a subappaltare la gestione della crisi migratori ai suoi confini piuttosto che farsene carico secondo i propri valori fondanti. Non ha insegnato nulla, lo scandalo dei milioni e milioni di euro passati ad Erdogan? Il tiranno turco che finanziamo mentre mette in galera giornalisti e oppositori in genere? Non ha insegnato nulla la primavera scorsa a Lesbos o lungo il fiume Evros con l’improvviso aumento dei tentati arrivi in Grecia e i migranti usati come arma di destabilizzazione?
Evidentemente no…per questo le “giungle” alla periferia di Calais come nei boschi bosniaci, le lande desolate come Lipa continueranno ad esistere. Conviene a tutti, purtroppo non a chi ci finisce dentro nè alla coscienza europea.

L’illustrazione è di Alekos Prete


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