Premio Morrione. L’inchiesta come un viaggio scomodo. Diario dei finalisti della 9a edizione

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Lavorare ad agosto è sempre complicato, per fortuna abbiamo trovato una stanza dove circola un po’ d’aria. Ma appena usciamo per qualche intervista, il caldo prova a liquefare la nostra strumentazione. Le nostre scarpe lo sono già. Niente vacanze, ma siamo comunque in viaggio. Il mare c’è, vicino e lontano allo stesso tempo. Proprio come la nostra scadenza.

Durante i mesi di marzo e aprile non riuscivamo a scorgerla all’orizzonte, ed ora si avvicina sempre più velocemente.

Ogni volta che facciamo il punto, che buttiamo giù una lista di ciò che resta da fare, questa sembra non volersi accorciare mai. Dai primi spunti confusionari appuntati qua e là, gli schemi hanno ormai preso forma sulla lavagna. Assomigliano ad una lunga lista delle istruzioni. Pian piano iniziamo a montare il tutto. Manca ancora qualche pezzo, ma sembra stare in piedi.

Gabriele Cruciata e il suo taccuino

Tra noi e Lei – la scadenza – ci sono giorni fatti di lavoro intenso, di ricerche, di interviste, di tagli, di montaggio e di lavoro creativo. E di caffè. Tanto caffè. C’è una pasta veloce a pranzo di fronte al pc, ci sono le chiamate in terrazza durante la pausa sigaretta. C’è un bel po’ di sudore e di fatica, specialmente quando la risposta ricorrente è: “ci dispiace, è agosto. Rimandiamo?” Allora torna la salita.

Tra noi e Lei – la scadenza – c’è però anche tanta passione, di quella che ti porta a dormire poco e rimuginare tanto, a fermarti nel punto di massima soddisfazione intellettuale che ciò che fai è in grado di regalarti. Ti porta su e poi ti lascia cadere, come diceva una famosa canzone. C’è la buona compagnia, così torna sempre la discesa. Questa inchiesta è un po’ come un viaggio scomodo, di quelli fatti su veicoli dagli ammortizzatori rotti e strade sterrate con il rischio di ritrovarsi il serbatoio vuoto. Basterà la benzina? Noi siamo pronti a scendere e spingere.


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