“Fratelli tutti”: perché l’enciclica di Papa Francesco manda in soffitta lo scontro di civiltà

0 0

Guerre, azioni predatrici, sopraffazioni di intere popolazioni, distruzioni ambientali, crisi dei rapporti interpersonali, e infine la pandemia.  «Sabato 3 ottobre alle 15 il Santo Padre si recherà al Sacro Convento di Assisi per firmare la nuova Enciclica “Fratelli tutti…” , ha fatto sapere padre Enzo Fortunato. Alle ore 15.00 il Papa celebrerà la Santa Messa presso la Tomba di San Francesco e al termine firmerà l’enciclica. La visita si svolgerà in forma privata, senza partecipazione di fedeli. È con grande gioia e nella preghiera che accogliamo e attendiamo la visita privata di papa Francesco. Una tappa che evidenzierà l’importanza e la necessità della fraternità.

Il Custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti ha salutato la notizia della nuova visita di Bergoglio: «Papa Francesco, firmando l’enciclica “Fratelli tutti…” sulla Tomba di san Francesco il 3 ottobre prossimo – memoria del suo Transito –, indicherà al mondo la cifra del futuro e consegnerà alla Chiesa e agli uomini di buona volontà la responsabilità di edificarlo insieme». «Il Papa – ha aggiunto padre Gambetti – si ispira chiaramente a Francesco di Assisi che, seguendo Gesù, ha riconosciuto nella fraternità, vissuta nel segno del reciproco e amorevole servizio, l’orizzonte di una umanità compiuta e felice».

La scelta di Francesco dunque è chiara. Il mondo ha urgente bisogno di una risposta chiara alle sue ansie, alle sue paure, ai suoi sussulti. E questa risposta è “siamo tutti fratelli”. Il papa lo ripete infatti sempre più insistentemente dal 27 marzo, quando si rivolse al mondo da quella Piazza San Pietro deserta, spiegando che non siamo in guerra, ma tutti sulla stessa barca. Il discorso dunque reimposta i parametri del confronto politico, economico, sociale e culturale. E’ il discorso che porta avanti con coraggio dall’inizio del suo pontificato.

La prima intervista

Infatti nella sua prima intervista, concessa al direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, nell’estate del 2013, Francesco disse una cosa che è rimasta un po’ la chiave interpretativa del suo pontificato: “Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite…» Ora quell’indicazione è diventata un’urgenza che riguarda tutti.

Il Messaggio all’incontro di Cernobbio.

Bergoglio non ha lesinato indicazioni sulla cura del mondo post-Covid negli ultimi giorni. Basterà rileggere, ad esempio, quanto ha scritto in queste ore nel messaggio inviato all’incontro di Cernobbio: “ Abbiamo toccato con mano la fragilità che ci segna e ci accomuna. Abbiamo compreso meglio che ogni scelta personale ricade sulla vita del prossimo, di chi ci sta accanto ma anche di chi, fisicamente, sta dall’altra parte del mondo. Siamo stati costretti dagli eventi a guardare in faccia la nostra reciproca appartenenza, il nostro essere fratelli in una casa comune. Non essendo stati capaci di diventare solidali nel bene e nella condivisione delle risorse, abbiamo vissuto la solidarietà della sofferenza.”

Il Messaggio per La giornata mondiale della cura della creato

Cosa voglia dire questo il Papa lo aveva spiegato pochi giorni prima, il 31 agosto, in apertura del giubileo della Terra, per la cura del creato: “Il Giubileo è un tempo per riparare l’armonia originaria della creazione e per risanare rapporti umani compromessi. Esso invita a ristabilire relazioni sociali eque, restituendo a ciascuno la propria libertà e i propri beni, e condonando i debiti altrui. Non dovremmo perciò dimenticare la storia di sfruttamento del Sud del pianeta, che ha provocato un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei rifiuti. È il tempo di una giustizia riparativa. A tale proposito, rinnovo il mio appello a cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19. Occorre pure assicurare che gli incentivi per la ripresa, in corso di elaborazione e di attuazione a livello mondiale, regionale e nazionale, siano effettivamente efficaci, con politiche, legislazioni e investimenti incentrati sul bene comune e con la garanzia che gli obiettivi sociali e ambientali globali vengano conseguiti. È altresì necessario riparare la terra. Il ripristino di un equilibrio climatico è di estrema importanza, dal momento che ci troviamo nel mezzo di un’emergenza. Stiamo per esaurire il tempo, come i nostri figli e i giovani ci ricordano. Occorre fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi, come sancito nell’Accordo di Parigi sul Clima: andare oltre si rivelerà catastrofico, soprattutto per le comunità più povere in tutto il mondo. In questo momento critico è necessario promuovere una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale. In preparazione all’importante Summit sul Clima di Glasgow, nel Regno Unito (COP 26), invito ciascun Paese ad adottare traguardi nazionali più ambiziosi per ridurre le emissioni. Il ripristino della biodiversità è altrettanto cruciale nel contesto di una scomparsa delle specie e di un degrado degli ecosistemi senza precedenti. È necessario sostenere l’appello delle Nazioni Unite a salvaguardare il 30% della Terra come habitat protetto entro il 2030, al fine di arginare l’allarmante tasso di perdita della biodiversità. Esorto la Comunità internazionale a collaborare per garantire che il Summit sulla Biodiversità (COP 15) di Kunming, in Cina, costituisca un punto di svolta verso il ristabilimento della Terra come casa dove la vita sia abbondante, secondo la volontà del Creatore. Siamo tenuti a riparare secondo giustizia, assicurando che quanti hanno abitato una terra per generazioni possano riacquistarne pienamente l’utilizzo. Occorre proteggere le comunità indigene da compagnie, in particolare multinazionali, che, attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroindustriali, «fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale» (LS, 51). Questa cattiva condotta aziendale rappresenta un «un nuovo tipo di colonialismo» (San Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001, cit. in Querida Amazonia, 14), che sfrutta vergognosamente comunità e Paesi più poveri alla disperata ricerca di uno sviluppo economico. È necessario consolidare le legislazioni nazionali e internazionali, affinché regolino le attività delle compagnie di estrazione e garantiscano l’accesso alla giustizia a quanti sono danneggiati.”

Il Messaggio per la Giornata di preghiera per il Libano

Questo incastro evidente di priorità da interpretare nel senso della fratellanza tra uomini e Stati trova esplicito riverbero anche nelle parole usate da Francesco per indire la giornata di preghiera per il Libano, celebratasi ieri, 4 settembre:  “È profondamente vera l’affermazione che il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato: il Libano è un messaggio di libertà, è un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente. Per il bene stesso del Paese, ma anche del mondo, non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso.” Libertà? Di quale libertà parla Francesco al riguardo del Libano?

Il documento sulla Fratellanza umana

E’ quella che viene indicata proprio nel documento sulla fratellanza umana, firmato da Francesco e dall’imam al-Tayyeb ad Abu Dhabi il 4 febbraio del 2009: “ La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano. – La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano. – Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano. – Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.”

Il 3 ottobre dunque verrà presentata un’enciclica rivolta a tutti, come l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, che non era indirizzata solo ai cattolici. Dunque un’enciclica che sfiderà tutti i fondamentalisti, che credono in opposte supremazie etniche o confessionali, non nella fratellanza tra diversi e proprio per questo uguali. Anche quest’anno enciclica dunque, appare evidente, si rivolgerà, come la Laudato sì’, a chiunque abiti questo pianeta.  Non credo azzardato dire che si tratterà non solo di un documento, ma di una bussola nuova per il cammino verso lo sviluppo umano integrale di cui Francesco parla ormai da anni. Ma che a questo punto è diventato una priorità per salvare l’ecosistema, lo sviluppo umano, la nostra idea di civiltà, cioè il vivere insieme.

Fonte: Globalist


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21