Grazie Felicia, per averci trasmesso la tua forza

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Io mi sveglio presto e alle dieci cerco solo il letto. Ma sono rimasto letteralmente incollato alla tv, fino alla fine del film “Felicia Impastato”. Che ricostruisce la lotta della madre di Peppino, per ristabilire la verità, dopo depistamenti di Stato e pressioni della mafia. Una donna che si è accorta tardi di aver sposato un mafioso e presto che suo figlio Peppino era diverso, perché deciso a non baciare le mani ai boss.

Lo sceneggiato è arrivato sugli schermi dopo mille difficoltà, superate solo per l’impegno del fratello Giovanni Impastato e grazie alla pressione civile di cittadini e attivisti. Ai piani alti della Rai, il prodotto veniva ritenuto troppo forte per il pubblico di prima serata. Perché fa pensare, capire, indignare. Questa ricostruzione – a cui ha collaborato Giovanni Impastato (che l’ha “certificata” con un’inquadratura-cameo finale) – è un lavoro politco. Perché fa capire quanto sia difficile capovolgere una tesi (Peppino terrorista), contraffatta dalla mafia e assecondata per anni dallo Stato. Ma Felicia non si arrende, anzi fa del suo lutto una leva di impegno civile, trasformando la sua vita in testimonianza e la sua casa in un centro per diffondere la cultura antimafia, nonostante l’ostilità dei compaesani e gli assassinii  dei magistrati che le avevano creduto.
Alla fine del film, sono rimasto con un sentimento di affetto e orgoglio, per questa piccola-grande donna in nero, che nell’ultima inquadratura accusa e fissa in aula il mandante Badalamenti per lunghi attimi, fino a fargli abbassare lo sguardo. La sua forza nasce dalla disperazione, dal non aver più nulla da perdere dopo aver perso un figlio. Molto più difficile l’impegno civile senza traumi, ma per la spinta di ideali, che fanno sentire il dolore dell’ingiustizia di sconosciuti, come nostro.
Grazie Felicia, per averci trasmesso la tua forza. Grazie Giovanni, per la tua tenacia.
L’impegno di Peppino continua.

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