Arrestata l’ex consigliera regionale Gina Cetrone, si è servita del clan Di Silvio. Politica e mafia a Latina, così frana il feudo della destra

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Il 9 ottobre 2019 Gina Cetrone ufficializza il suo passaggio a “Cambiamo” il Movimento di Giovanni Toti, dopo essere stata a lungo nel Pdl anche nella veste di consigliere regionale del Lazio. Tre mesi dopo finisce in manette insieme al marito, l’imprenditore Umberto Pagliaroli, e al capo del clan Di Silvio, Armando Lallà, e ai figli di questi Gianluca e Samuele, i mastini terribili che per la famiglia zingara più temuta a Latina si occupavano di estorsioni. Triste epilogo di una storia politica iniziata dieci anni fa tra fasti e promesse mirabolanti, quando il centrodestra in provincia di Latina era praticamente imbattibile. Oggi è tutta un’altra storia: dalla fine del 2016 i primi due pentiti del sodalizio che fa capo ad Armando Di Silvio e che la Dda di Roma ritiene essere un clan mafioso stanno scrivendo un’altra storia, assai scomoda per la destra, per Fratelli d’Italia e la Lega in particolare e adesso pure per “Cambiamo”, anche se subito dopo gli arresti Giovanni Toti ha asserito che la Cetrone non aveva ruoli ufficiali. Eppure in rete circolano le foto di lei alle manifestazioni pubbliche del Movimento, con lo stesso Toti, e altri nomi eccellenti, per esempio Adriano Palozzi, anche lui ex consigliere regionale del Pdl, e Mario Abruzzese ex Presidente del consiglio regionale del Lazio per Forza Italia nell’era indimenticata di Franco Fiorito detto Batman. A inchiodare l’imprenditrice di Sonnino, un piccolo comune dell’entroterra pontino, e il marito sono stati proprio i collaboratori di giustizia del clan Di Silvio, ossia Agostino Riccardo e Renato Pugliese, che avevano descritto nei verbali resi ai magistrati come funzionarono le campagne elettorali nelle amministrative del 2016: alcuni esponenti politici si rivolsero ai Di Silvio per l’attacchinaggio dei manifesti, poiché la pubblicità elettorale affissa dagli scagnozzi di Lallà e figli non la toccava nessuno. Per paura.

Il 7 gennaio scorso in una delle udienze del processo Alba Pontina, quello appunto al clan Di Silvio, Agostino Riccardo aveva fatto, tra gli altri, il nome di Gina Cetrone, all’epoca dei fatti contestati candidata per la Regione: “Non fu eletta perché all’ultimo momento ci fu uno scambio di voti – ha raccontato il pentito – Praticamente i 500 voti che sarebbero andati a Gina Cetrone dalla curva del Latina Calcio… (…) essendo presidente del Latina Calcio, Pasquale Maietta ci mandò a di’ che ‘sti 500 voti li dovevamo gira’ a Nicola Calandrini”, quest’ultimo oggi senatore di Fratelli d’Italia che, però, ha sempre dichiarato di non avere avuto contatti diretti col clan. Nonostante il clamore di simili affermazioni il peggio doveva ancora venire ed è arrivato poche ore fa, con l’arresto della Cetrone e del marito, accusati di essersi serviti dei tre Di Silvio per un’estorsione in danno di un loro cliente che non aveva pagato la fornitura. A ciò si aggiunge anche la contestazione di aver utilizzato sempre quel clan per motivi elettorali.I fatti si riferiscono al periodo della campagna elettorale del 2016 (maggio) e sono finiti in una informativa della squadra mobile di Latina di giugno 2019, redatta a seguito delle dichiarazioni dei pentiti, riscontrate ascoltando le vittime dell’estorsione, due imprenditori abruzzesi. Il debitore fu convocato per un incontro a casa di Cetrone e Pagliaroli e lì i Di Silvio insieme ad Agostino Riccardo, chiamati dalla donna appositamente, minacciarono la vittima con intimazione a pagare subito. Così fu: impaurito l’imprenditore si recò in banca per effettuare un bonifico da 15mila euro alla società di Cetrone e Pagliaroli e ai Di Silvio, che lo aspettavano fuori dalla filiale, consegnò 600 euro “per il disturbo”. Nel frattempo andava avanti anche la campagna elettorale e, come raccontato dal pentito Agostino Riccardo, la Cetrone si era lamentata con il clan perché non era adeguatamente visibile a Terracina, dove era candidata alle comunali del 2016.  “Tutti in giro sapevano che la Cetrone era sostenuta dagli zingari”. E che zingari! Un clan vero come va emergendo sia nel dibattimento di Alba Pontina che negli atti dell’ultima operazione denominata “Scheggia” su cui la Dda di Roma stava lavorando da mesi.

(nella foto uno degli incontri del Movimento “Cambiamo” in provincia di Latina organizzato da Gina Cetrone)


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