Ancona, la procura dispone un nuovo sequestro del cellulare di Silvio Leoni

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Dopo il primo episodio, la difesa del giornalista del Secolo d’Italia aveva fatto ricorso al Tribunale del Riesame ottenendo l’annullamento del provvedimento cautelare. Ora viene contestato un diverso capo di imputazione. I legali del cronista: «La nuova ipotesi di reato è abnorme, faremo ricorso».

Nuovo provvedimento di sequestro del cellulare per il giornalista del Secolo d’Italia Silvio Leoni. Dopo che il Tribunale del Riesame aveva dato ragione al cronista annullando il precedente sequestro, è arrivato un nuovo decreto da parte della procura di Ancona che contesta al cronista un diverso capo di imputazione.

Leoni era stato indagato per minaccia e intromissione abusiva in sistema informatico, dopo che, nell’ambito di un servizio sulla strage di Bologna, aveva telefonato e inviato un messaggio al presidente della Corte d’Assise di Bologna Michele Leoni. La difesa del giornalista aveva fatto ricorso al Tribunale del Riesame contro il provvedimento cautelare, ottenendo l’annullamento del provvedimento di sequestro.

Venerdì 29 novembre, però, un altro decreto della procura di Ancona ha disposto ancora una volta il sequestro del telefono cellulare di Leoni: «Il pm ha fatto un nuovo provvedimento di sequestro che giudico sorprendente», afferma all’Adnkronos l’avvocato Paolo Palleschi, legale di Leoni insieme all’avvocato Valerio Cutonilli, secondo il quale viene contestata la violenza o minaccia a un corpo, in tal caso, giudiziario: «Viene ipotizzata una nuova ipotesi di reato abnorme: il giornalista sarebbe responsabile di attentare a un corpo, in tal caso giudiziario, attraverso una condotta insistente e intimidatoria».

Secondo l’avvocato Palleschi è «ridicolo: ciò significa che il giornalista che chiede un’intervista a un magistrato, in un contesto in cui il magistrato non la dovrebbe rendere, potrebbe essere accusato di violenza o minaccia se il magistrato dovesse rilasciare dichiarazioni comportando una violazione dei doveri di segretezza e riserbo. Si tratta di un’impostazione che avrebbe conseguenze drammatiche. Lunedì faremo un nuovo ricorso per una questione di tutela della professionalità del giornalista e di principio», conclude l’avvocato.


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