La Chiesa è universale, ma di tradizioni ognuno deve tutelare le sue

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I tradizionalisti cattolici sono esasperati. Da quando c’è stato il Concilio Vaticano II non c’è più tradizione, e per loro vuol dire che non c’è più religione. Ora poi, con Papa Francesco, uno che parla a braccio, non ha il guardarobiere e vive a Casa Santa Marta, protettrice delle domestiche, la situazione si è fatta intollerabile, almeno dal loro punto di vista. Come Formiche ha puntualmente riferito infatti succede che l’arcivescovo di Bologna, pure in procinto di diventare tra poche ore cardinale, faccia preparare tortellini senza carne di maiale. E la tradizione? Impossibile tacere, così la tradizione va a farsi benedire! Un amico tradizionalista, che frequenta la mensa di Casa Santa Marta per motivi di lavoro, mi ha assicurato che lì non offrono mai i rigatoni alla pajata. Addio tradizioni, addio radici! Il loro malessere, diciamocelo con chiarezza, va capito. Ma ogni uovo ha un pelo, e agli amici tradizionalisti vorrei raccontare questo piccolo episodio che ho verificato di persona.

C’è un’università pontificia qui a Roma dove da qualche anno, alle prime ore del mattino, si dice messa secondo tradizione, cioè in latino. Subito dopo i partecipanti vanno finalmente a colazione nell’attiguo refettorio. E’ lì che ho visto servire uova al bacon, caffè lungo e altre diavolerie del genere. Ora mi dicono che i più generosi benefattori dell’ateneo in questione siano statunitensi. Vuoi vedere che ci vogliono imporre le loro tradizioni? Se fosse così non sarebbe carino. E’ vero che la Chiesa è universale, ma di tradizioni ognuno deve tutelare le sue.


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