Quale comunicazione a sinistra? Presentato “Rosso digitale. L’argoritmo di Marx” di Vincenzo Vita, edito da Manifestolibri

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Analisi dettagliata sul rapporto tra politica e comunicazione “Rosso digitale. L’argoritmo di Marx” di Vincenzo Vita, edito da Manifestolibri, spazia dalla televisione modello Berlusconi ai social media delle recenti campagne politiche, dall’invasione degli spot alla dittatura degli algoritmi, alle fake news. Davanti a una platea nutrita e attenta, nella sede di AAMOD ovvero Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, il libro è stato presentato con la partecipazione di Norma Rangeri (direttrice de “Il manifesto”), Vincenzo Vita (presidente della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico), Nicola D’Angelo (giurista e magistrato amministrativo), Gianrico Carofiglio (saggista e scrittore).

Norma Rangeri ha indicato nella “datacrazia o capitalismo delle piattaforme che nel predominio sui saperi ha il suo punto di forza”- definizione dello stesso Vincenzo Vita – il problema che si profila e, in un esempio comprensibile a tutti, ha citato’ libra’, la moneta di facebook che non risponde agli Stati e si rivolge a due miliardi di persone. Secondo la Rangeri il libro è una cronaca della formazione del populismo mediatico, contesto al quale hanno contribuito gli errori della sinistra: uno per tutti aver preferito la battaglia del titolo V a quella del conflitto d’interessi. Secondo la Rangeri, Vita attribuisce alla televisione il marchio di fabbrica del populismo mediatico, che ha portato all’elezione di Berlusconi, fenomeno sottovalutato dalla sinistra, illusa di un suo veloce ridimensionamento, senza cogliere che “il mezzo è il messaggio”. Per la Rangeri pregio di “Rosso digitale” è tenere intrecciati sviluppo tecnologico e cambiamenti politici. La direttrice de “Il manifesto” ritiene che il grande interrogativo oggi sia il trovarsi, come in passato, di fronte alla possibilità di un nuovo “ventennio”. Per la Rangeri l’arretratezza della sinistra è una profonda deficienza teorica, che ancora oggi scontiamo e che la pone in una situazione di retroguardia rispetto alla rete. La Rangeri dice che Vita ritiene la rivoluzione digitale il linguaggio del secolo, sorta di psicotecnologia che cambia l’alfabeto traducendolo in algoritmo. Il nuovo media non uccide il vecchio ma lo trasforma. Poi conclude, in accordo con quanto sostenuto da Vita, che servirebbe un intellettuale consapevole capace di riscrivere l’algoritmo di Marx.

Nicola D’Angelo, giurista e magistrato amministrativo, ha lavorato per alcuni anni presso il Ministero delle Comunicazioni, dove ha diretto uffici con competenze giuridiche nel settore della radiotelevisione pubblica e privata e delle telecomunicazioni. Si è inoltre occupato di problematiche relative alla pianificazione delle frequenze, alla convenzione e al contratto di servizio della RAI, alle trasmissioni per l’estero e per le minoranze linguistiche. Nicola D’Angelo ha ricordato gli anni delicati, vissuti in prima persona, in cui la Corte costituzionale dichiarò illegittima la legge Mammì (quella del 6 agosto 1990, n. 223 in materia di ordinamento radiotelevisivo) con la bocciatura del 7 dicembre 1994sentenza n. 420, che la definiva «incoerente, irragionevole» e inidonea a garantire il pluralismo in materia televisiva. D’Angelo ha illustrato le difficoltà delle riforme e le scelte errate della sinistra, dovute non solo a mancanza di consapevolezza. Errori che tuttora scontiamo anche nell’arretratezza con la rete, problema su cui la sinistra italiana dovrebbe riprendere un’operazione culturale in chiave moderna.

Gianrico Carofiglio ritiene il libro di Vita densissimo e persino troppo “breve”, nel senso che la “densità della riflessione” fa desiderare di saperne di più. L’autobiografia della nazione è inscindibile dall’uso dei mezzi di informazione e comunicazione, come dal loro abuso, e da una consapevolezza del loro potere che la sinistra non ha mai avuto. Sul tema permane a sinistra una “visione da sopracciglio alzato” e spesso si confonde la comunicazione politica con la pubblicità: due mestieri diversi perché la pubblicità vende prodotti e la politica dovrebbe comunicare valori. A meno che non si voglia, come la peggiore destra al governo, usarla come manipolazione: il che significa trattare i destinatari della comunicazione come sudditi e non come cittadini. La sinistra è insensibile, nell’illusione che dire la verità renda liberi e vincenti. Secondo Carofiglio non funziona così, perché la verità va comunicata con efficacia tenendo conto della complessità di tutti i territori. La sinistra è specializzata nel dire male la verità. La destra nel dire molto bene le bugie, grazie a un totale disprezzo dei contenuti e dei destinatari: oggi afferma una cosa, domani un’altra. La questione fondamentale della buona comunicazione è l’empatia, nel senso di sapere a fondo cosa l’altro può capire e cosa non capirà. Bisogna imparare a dire bene la verità impadronendosi dei meccanismi, coinvolgendo l’altro sul piano delle emozioni e tenendo bene presenti i valori che si vuole trasmettere: sinistra per Carofiglio rimane sinonimo di solidarietà.

Vincenzo Vita, citando Radio Radicale, ricorda come questo governo abbia preso di mira testate che non possono vivere secondo la logica di mercato. Il mercato evocato come ideologia serve a chiuderle definitivamente. Afferma che, se non ci fosse un disegno, in pratica lo sembra: mentre diminuiscono scolarizzazione, copie dei giornali, lettori di libri e i mezzi di comunicazione sono per la maggior parte dominati, tagliarne alcune voci concorre all’omologazione. Nelle ultime elezioni i temi prevalenti sono stati quelli che non lo sono: immigrazione e sicurezza. Rovesciamento della verità introdotto dal fenomeno del berlusconismo che si è sviluppato a filiera. Uno dei limiti della comunicazione della sinistra è di avere in mente, in modo autoreferenziale, un pubblico che si suppone uguale a chi parla, il considerare gli avversari come degli incapaci. Bisogna diventare invece consapevoli del fatto che c’è una crisi profonda di linguaggio, approccio, stile. Internet non è solo un nuovo medium ma molto probabilmente anche una nuova struttura sociale, un nuovo linguaggio di cui si deve capire il senso.  Argomenti di straordinaria attualità sono l’intelligenza artificiale, gli algoritmi quale punto essenziale del comando, la “libra”, la datacrazia, la regolamentazione democratica d’internet.  Per Vincenzo Vita siamo in un’epoca che richiede un salto e, in questo, “Rosso digitale” vuole essere un piccolo contributo.


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