Il crepuscolo dei diritti umani in Iran: 38 anni di carcere e 148 frustate all’avvocata Nasrin Sotoudeh per aver svolto il suo lavoro

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Dal Presidio Veneto di Articolo21 – Le cronache nazionali ed internazionali hanno trasversalmente riportato in queste ore la notizia della scioccante condanna inflitta all’avvocata ed attivista per i diritti umani iraniana Nasrin Sotoudeh Langroudi, 55 anni, alla pena complessiva di 38 anni di reclusione e 148 frustate comminata dal tribunale rivoluzionario di Teheran in due processi con accuse che, dietro ai reati contestati di “riunione e collusione contro la sicurezza nazionale”, “propaganda contro lo Stato”, “appartenenza al Centro dei difensori dei diritti umani (una ONG creata dal premio Nobel Shirin Ebadi e da altri avvocati), al gruppo Legam (contro la pena capitale) e al Consiglio nazionale per la pace”, “incoraggiamento della corruzione e della prostituzione”, “comparizione davanti al Tribunale senza hijab islamico”, “disturbo della pace e dell’ordine pubblico” e “diffusione di notizie false con l’intento di turbare l’opinione pubblica”, nascondono la malcelata volontà di perseguitarla in ragione della sua attività professionale e dell’impegno in favore della tutela del diritto di difesa in un processo equo (ragion per cui aveva rinunciato a farsi assistere da un difensore nel secondo dei due processi per protestare contro la violazione del principio del giusto processo essendole precluso di esaminare gli atti e di nominare un difensore di sua fiducia) e, più in generale, dei diritti fondamentali nel suo Paese. 

Come evidenziato e stigmatizzato dall’Osservatorio mondiale sui diritti della difesa e sulle violazioni dei diritti degli avvocati dell’Institut des Droits de l’Homme des Avocats Européens, già nel 2011 era stata condannata alla pena di 11 anni di reclusione e radiata dall’Ordine degli Avvocati con divieto di lasciare il paese per 20 anni in quanto giudicata colpevole di “propaganda contro il regime”, “appartenenza al Centro per i difensori dei diritti umani”, e di “agire contro la sicurezza nazionale”. La condanna è stata, poi, ridotta a sei anni di reclusione con divieto di esercitare la professione di avvocato per dieci anni. Il 18 settembre 2013, tuttavia, le era stata concessa la libertà condizionale pochi giorni prima del primo viaggio del Presidente iraniano Rohani alle Nazioni Unite a New York.

Nel corso della sua carriera ha difeso attiviste per i diritti civili delle donne, in particolare quelle perseguite per “aver commesso un atto illegale” rifiutando di indossare l’hijab, il velo islamico, nonché prigionieri politici e giornalisti, da sempre osteggiati dal regime iraniano.

Dal 13 giugno 2018 è detenuta presso il carcere di massima sicurezza di Evin a Teheran per scontare una pena detentiva di cinque anni di reclusione comminatale in contumacia.

Suo marito, Reza Khandan, pure avvocato di fama, è stato arrestato il 4 settembre 2018 per “propaganda contro il sistema” e “crimini contro la sicurezza nazionale” aver diffuso attraverso i social media notizie riguardanti la moglie e solo successivamente rilasciato con divieto di lasciare l’Iran.

Nel corso dell’attuale carcerazione Nasrin ha rinunciato al diritto di visita della sua famiglia per protestare contro l’ordine del pubblico ministero che la obbliga a ricevere i visitatori indossando un hijab ed ha anche rifiutato di firmare un giuramento scritto in cui si doveva impegnare a indossare il chador (che lascia scoperta solo la pelle del viso e delle mani). Si tratta, evidentemente, di grevi provocazioni per umiliare di chi, come lei, ha difeso la causa delle donne che avevano protestato pacificamente contro la legge sull’hijab obbligatorio del paese togliendosi in pubblico il velo.

Per la sua storia, il suo impegno a favore dei diritti umani, e in particolare quelli delle donne, ed il fatto di non aver mai ceduto alle minacce del governo iraniano nei suoi confronti, mantenendo sempre e con caparbietà il proprio esemplare coraggio nonostante le plurime detenzioni e condanne, è stata insignita nel 2012 del Premio Sakharov del Parlamento Europeo per la libertà di pensiero ed è stata decretata vincitrice del Premio Trarieux 2018, il più antico premio conferito ogni anno dagli avvocati ad un avvocato che, con la sua attività e la sua sofferenza, si sia distinto in modo particolare per la difesa dei diritti umani, la promozione dei diritti della difesa, l’affermazione della supremazia del diritto e la lotta contro il razzismo e l’intolleranza in qualsiasi forma, che verrà consegnato a dei suoi rappresentanti il prossimo 24 maggio a Bruxelles.

Molti Governi, organizzazioni governative e non, in primis Amnesty International, si battono da anni per la sua causa che è emblematica della situazione in cui troppe donne e troppi uomini si trovano a vivere nel mondo per il solo fatto di aver svolto con coscienza, indipendenza e libertà la propria attività, ragion per cui spetta alla società civile, ad ognuno di noi, tenere sempre alta l’attenzione dell’opinione pubblica perché, grazie anche alla pressione mediatica, possano cessare i soprusi, la persecuzione e le violenze nei confronti dei difensori dei diritti umani come Nasrin Sotoudeh.

Per sottoscrivere l’appello per la sua scarcerazione di Amnesty International Italia https://www.amnesty.it/appelli/liberta-per-nasrin/


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