La Lega tenta di censurare Mimmo Lucano, ma l’intervista a “Che tempo che fa” andrà in onda

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Siamo alle solite. Quando la forza di un messaggio giusto rischia di oscurare la propaganda da regime si ricorre a manovre di palazzo, censure e bavagli per ridurlo al silenzio.
La Lega non vuole Mimmo Lucano in Rai e dopo aver messo in campo tutte le proprie energie per abbattere un modello di accoglienza efficace, in grado di dimostrare che un’integrazione che funziona è possibile, ora vuole limitare la libertà di informazione su quest’ultimo.
Per fortuna la richiesta dei membri leghisti della Commissione di Vigilanza Rai di annullare l’intervista di Fabio Fazio al sindaco di Riace non è andata a buon fine. Fonti della produzione della trasmissione confermano la presenza di Lucano nella puntata di domenica 21 ottobre.
Rimane la gravità del tentativo di censurare una voce che molto ha da dire su una vicenda dai troppi aspetti persecutori. Per non parlare della volontà politica di chi vuole cancellare un modello di accoglienza ispirato ai principi della Costituzione. E non si tratta solo di Riace ma di tutto il sistema dello Sprar.
La chiusura del progetto di integrazione della cittadina calabrese si è concretizzata all’indomani della pubblicazione del decreto “sicurezza” ed è apparsa da subito coerente con il progetto politico del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Le nuove disposizioni saranno pure ‘legge’ ma potrebbero presentare criticità sul piano della  costituzionalità, come ha evidenziato un eminente organismo in materia quale  il Coordinamento nazionale di Area Democratica per la Giustizia.
Secondo l’associazione delle toghe progressiste, si tratta di un provvedimento che “mira ad eliminare il permesso di soggiorno per motivi umanitari sostituendolo con un ‘permesso speciale’, penalizzando molte persone vulnerabili”.
L’accesso al sistema Sprar sembra riservato ai soli titolari di protezione internazionale, dei permessi di soggiorno speciali e ai minori non accompagnati così “da ridurre la platea dei destinatari di un sistema che rappresenta un modello di integrazione”.
Secondo il Coordinamento, il decreto presenta diverse vulnerabilità sotto l’aspetto della legalità costituzionale, come l’elevazione da 3 a 6 mesi del tempo di permanenza nei Centri per il rimpatrio.
Altre norme mirano a limitare l’accesso alla tutela per richiedenti asilo e rifugiati, prevedono la perdita della cittadinanza e la sospensione della procedura d’asilo e rimpatrio immediato di chi abbia subito una condanna in primo grado.
Tutte politiche che secondo le toghe progressiste mettono in discussione, oltre all’articolo 2 e all’articolo 3 della Costituzione, anche quelle condizioni che ci sono imposte dagli obblighi internazionali, rischiando di violare l’articolo 10 della Costituzione e l’articolo 8 Cedu.
Anche noi di Articolo 21 riteniamo che le politiche sulla sicurezza debbano trovare un punto di equilibrio tra i valori costituzionali. Una politica che penalizza l’integrazione  e che rischia di produrre marginalizzazione e clandestinità nulla ha a che fare con i principi della nostra Costituzione.

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