Una donna uccisa, fra tante. “Rachida” di Souad Sbai

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Lo spunto:  Il 19 novembre del 2011, a Sorbolo Levante di Brescello in provincia di Reggio Emilia, a soli 35 anni Rachida, donna d’origine marocchina, viene massacrata a colpi di martello dal marito. Il suo corpo, nel colpevole silenzio della comunità musulmana locale, giace per ben cinquanta giorni nell’obitorio, senza che nessuno lo reclami. Davanti a un simile scempio, le autorità interpellano Souad Sbai e l’associazione di cui è presidente, “acmid-Donna”, per venire a capo di quella che sembra una vera damnatio memoriae
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“In lei c’era decisamente qualcosa in grado di turbare le coscienze, qualcosa di minaccioso: una fiamma inestinguibile, una luce vivida sotto la quale ogni nostra inconfessabile tendenza egoistica, meschina e dispotica veniva impietosamente illuminata e messa a nudo”.
Sembra rimandare agli abissi di nicciana memoria l’indagine di Souad Sbai nel suo libro “Rachida”. Un racconto che raccoglie il respiro comprimendo i polmoni fino al collasso. Un tratteggio dettagliato di un’umanità mancata verso una donna diventata simbolo di una scelta che non dovrebbe mai essere una scelta ma un assunto insopprimibile: la libertà.
Un fatto senza pietà quello di Rachida, che se fosse la risultanza del lavoro di un’abile mente narrativa,già farebbe male e impedirebbe il sonno. Ma non è così. Questa è una storia.“Storia” perché è stata di reale transito in questa vita. E in quanto storia è, di fatto, già passata. Forse dimentica – come accade nel classico mulinello fagocitante della cronaca – e, perché no, magari rinnegata. La storia di una vita fatta di vicoli ciechi, come le finestre del paese, chiuse da battenti d’acciaio impenetrabili alle richieste d’aiuto, dentro le quali rimangono all’ombra, al riparo dalla canicola scorticante della verità, giornate colpevoli di disumana indifferenza.
Forse una storia come tante, come troppe. Forse una storia che rappresenta in assoluto la penuria delle qualità necessarie all’Uomo per essere davvero tale, sia esso inteso come derivazione divina, sia esso inteso come frutto della scienza. Entrambi i casi pregnano l’esistenza di nobili discendenze. In entrambi i casi, però, l’uomo non si redime. Ciò che troppo spesso accade è la solita e meschina messa in maschera di un vergognoso veleno, l’ego. Questo viene abilmente e sistematicamente celato per ottenere pubblici consensi; resta dunque inevitabilmente sotteso e bruciante sotto il più sporco e inflazionato abito che rende il monaco accettabile e ameno: la solidarietà. E la solidarietà finta, ha lo stesso carattere esiziale della violenza dichiarata. Anzi è più violenta, perché subdola e quindi inintelligibile.
“Vittima inconsapevole di un male che si annida negli antri più scuri e colpisce quando tutti dormono, quando gli occhi sono chiusi; un male quotidianamente alimentato dalle menzogne di chi dovrebbe difendere la libertà di scelta e invece preferisce aderire al politicamente corretto, vera mannaia sul collo dei martiri del nuovo millennio”.
La Sbai ha una mano preziosa. Con essa doma una penna feroce. Ciò che ne viene è un intricato dedalo di vene prosciugate dal dolore degli eventi. La sua lucida, e mai distaccata, disamina, ci accompagna nel girone infernale dei ”perché”, traghettandoci sempre più a fondo nel senso di inadeguatezza che vince chi la missione di ”essere umano” la sente.  La sua delicatezza stilistica è lo stiletto che fende le carni della ragione. E’ la delicatezza precisa di una donna, di una scrittura, che per combattere le battaglie delle donne non si inventa virilità posticce, ma resta ciò che è.
Ché la donna è l’incarnazione della forza devastante della consapevolezza, coraggiosa, ferma e risoluta. E quando nella donna vive anche l’intelligenza sociale e la generosità di un animo espanso, non c’è altra salvezza a cui si possa ambire se non essere tenuta da lei. E’ questo che il libro, nel suo narrare l’abominevole vicenda di Rachida, trasmette: un reale senso di protezione. Non materna, ma umana. I suoi polsi, quelli di Souad, sembrano sicuri. Le sue parole sono un riparo. Il suo pensiero è il battesimo di una nuova coscienza.

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“Rachida” di Souad Sbai è edito da Alter Ego
Della stessa autrice, “Fratelli musulmani”- Curcio Editore- da poco in libreria


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