“Giustizia per Denis”. Le fiaccole della solidarietà illuminano Tortoreto

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Nel film del 1997 “Colpevole fino a prova contraria” il protagonista Richard Gere è un professionista che viene arrestato con l’accusa di omicidio e si trova a scontrarsi con un sistema giudiziario, quello cinese, che ha ben poco di democratico. Lotta da solo, abbandonato al suo destino anche dal suo paese (gli Usa) che non vuole mettere in crisi i rapporti fra i due stati.
La trama sembra per molti aspetti combaciare con la vicenda processuale di Denis Cavatassi. 50enne di Tortoreto, comune abruzzese al confine con le Marche, è in carcere dal gennaio 2017 in Thailandia. L’accusa è di essere il mandante dell’omicidio del suo ex socio, morto nel 2011.
Non ci sono testimoni oculari. Un funzionario di polizia ritiene “plausibile” possa essere stato lui perché stringeva con lui rapporti di affari.
Denis la prima volta viene rilasciato su cauzione. Potrebbe scappare. Sa che in Thailandia c’è la pena di morte e lui rischia tale condanna. Ma non fugge. È il paese dove vive. Qui ha moglie e un figlio. Sceglie di restare. Assumersi i rischi. Continua a dichiararsi innocente e la sua innocenza vuole dimostrarla in tribunale.
In carcere le condizioni sono disumane. Lo rende noto Amnesty International, l’ex senatore Luigi Manconi allorché presidente della Commissione Diritti Umani del Senato. Lo rivela il legale Alessandra Ballerini. Lo ripetono i familiari che comunicano con lui attraverso le lettere (corrispondenza non sempre concessa). Subisce vari interventi, dorme per terra. In celle anguste insieme ad altri 9-10 detenuti.

Ora la Corte Suprema dovrà emettere la sentenza. I canali diplomatici fra Italia e Thailandia, a differenza del film con Gere, sembrano funzionare. Romina e Adriano, sorella e fratello di Denis che fin dall’inizio hanno combattuto una lunga e faticosa battaglia di verità e giustizia sono fiduciosi.
E ieri sera a Tortoreto, in una calda domenica d’estate centinaia di concittadini hanno percorso oltre quattro chilometri con le fiaccole in mano. Silenziosamente e ordinatamente dietro i familiari. Stupiti di tanta partecipazione. Di tanta solidarietà collettiva. Merce rara nella bulimia delle sagre agostane.


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