Udienza n. 62 per il fotogiornalista egiziano Shawkan e nuovo rinvio, al 5 maggio

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Il 28 aprile si è svolta la 62ma udienza del maxi-processo contro 739 imputati iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo. Degli imputati fa parte, unico giornalista, Mahmoud Abu Zeid detto Shakwan, in condizioni di salute sempre più precarie. Shawkan, appena pochi giorni fa insignito del premio Guillermo Cano per la libertà di stampa dell’Unesco, è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana.

Fu un massacro, il primo dell’era al-Sisi, con centinaia e centinaia di morti in un solo giorno.

Shawkan deve rispondere di un lungo elenco di pretestuose accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.

Il suo “reato” è solo quello di aver fatto il suo lavoro. Si chiama giornalismo. Per questo, unicamente per questo, è in carcere da oltre quattro anni e mezzo. E per questo, unicamente per questo, la pubblica accusa egiziana ha chiesto che venga messo a morte.

La prossima udienza, la n. 63, si terrà il 5 maggio.


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