Baby gang: meno denunce, reati gravi. “Abbassare l’età punibile non serve”

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Convegno a Roma. La garante infanzia: “Necessario agire su adulti corresponsabili”. La sindaca Raggi ai giornalisti: “Raccontate anche notizie positive. Non faccio più vedere i tg a mio figlio”. Maria De Luzenberger (Tribunale minorenni Napoli): “Generazione di ragazzi assuefatti alla violenza”

 

ROMA – Le denunce sono in calo, ma cresce l’efferatezza dei reati commessi dai minori. A fare il punto sulla situazione della devianza minorile è il convegno organizzato oggi a Roma “Baby gang  devianza, il racconto ddi un fenomeno sociale tra cronaca e deontologia”. Una giornata di studio dedicata alla Carta di Treviso, il codice deontologico per i giornalisti, nato nel 2006 che, come sottolinea Franco Elisei, presidente del’Ordine dei giornalisti delle Marche e coestensore della Carta, “ha prodotto una svolta nella nostra informazione, prima di questa data non esistevano carte deontologiche”.

E proprio sul racconto mediatico sul fenomeno della criminalità minorile, la Garante dell’infanzia, Filomena Albano chiede ai giornalisti di lavorare con sempre più attenzione e accuratezza. “Parliamo di boom baby criminali ma in realtà quello che manca è una reale fotografia dell’esistente – spiega -. Servono dati statistici per capire qual è la dimensione del fenomeno. Questa è una, prima criticità importante perché sapere di cosa parliamo è il presupposto per porre in essere politiche di intervento serie e strutturate. Dobbiamo sapere chi sono  i ragazzi autori dei fatti devianti e criminali, da quale contesto sociale e familiare provengono, quale è lo stato di precarietà lavorativa o il tasso di istruzione”. Per Albano, inoltre, “dietro ogni ragazzo che delinque c’è una responsabilità degli adulti”. Per questo bisogna intervenire sugli adulti che sono corresponsabili, sulla famiglia, sulla scuola e sui servizi del territorio. “L’analisi deve essere multifattoriale – spiega – la famiglia è la prima agenzia educativa, la seconda è la scuola. Il  problema è  l’assenza di connessioni tra le reti istituzionali. La scuola da sola nulla può fare. Assistiamo a progetti anche molto belli che  nascono e muoiono, bisogna strutturare reti permanenti che consentano il flusso di comunicazione per amplificare le connessioni. Non si può affrontare il fenomeno solo in maniera repressiva. Alcune proposte, come abbassare l’età della punibilità dei minori potrebbero essere assirittura controproducenti”.

Anche secondo Maria De Luzenberger, procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Napoli, non c’è necessità di abbassare l’età a partire dalla quale un minore è ritenuto punibile. “Il problema è capire l’incremento, la frequenza di questi episodi e la loro efferatezza – spiega -. Per la frequenza siamo rimessi ai dati delle denunce, il cui andamento non è crescita ma in diminuzione. Per l’efferatezza, invece, siamo di fronte a episodi sempre più gravi. Questo anche perché si tratta di una generazione di ragazzi molto assuefatti alla violenza”.
Tra dati più rilevanti, spiega ancora De Luzenberger, quelli che si riferiscono alla condizione delle famiglie: “Posso dire che i ragazzi che passano dal tribunale dei minorenni di Napoli provengono da determinati quartieri: questo vuol dire che o c’è una contaminazione di quartiere o si tratta di figli di persone che hanno avuto già problemi con la giustizia. Quello che vediamo,, inoltre. È che si tratta di famiglie spesso disgregate e di ragazzi che hanno percorsi scolastici disastrosi o accidentati. C’è la necessità di un maggiore collegamento tra i vari soggetti che operano sul fenomeno, a partire dalla scuola”.

Al convegno è intervenuta anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che ha ricordato l’episodio dell’autista dell’autobus malmenato a Roma da un gruppo di ragazzi. “E’ corretto e doveroso dire che dobbiamo tutelare i minori soprattutto da loro stessi – sottolinea –. La realtà che viviamo è sempre più complessa e complicata, proteggiamo i minori vittime ma anche gli altri. Non dico di raccontare la società meno violenta di quello che è ma anche di raccontare le storie positive. Io da piccola guardavo il telegiornale, ora a mio figlio non lo faccio più vedere”.
D’accordo con la sindaca anche Roberto Natale, di Articolo 21: “Dobbiamo attenerci alla verità sostanziale dei fatti e sono fatti anche quelli positivi”.
“Per occuparsi di questo tema serve competenza – aggiunge Silvia Ricciardi dell’associazione Jonathan onlus -. Non possiamo essere tutti commissari tecnici come quando gioca la nazionale. Si parla sempre di ‘emergenza baby gang’ ma si dovrebbe parlare di problematica giovanile: questi ragazzi sono invisibili alle istituzioni e spesso alle loro famiglie”.

 

Da redattoresociale


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