Delusi, esclusi, arresi. I parlamentari sociali che non si ricandidano

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Erano tra quelli che hanno caratterizzato la legislatura più sociale di sempre. Oggi i loro nomi non sono tra quelli dei candidati. C’è chi lamenta la mancanza di un contenitore politico per i cattolici, chi dà giudizi severi alla politica di oggi e chi al Parlamento preferisce il camper

ROMA – Erano “scesi in politica” per dar voce al mondo del terzo settore, hanno contribuito a realizzare una delle legislazioni più sociali di sempre, ma lo scenario che li ha visti fare il grande salto oggi non c’è più ed è per questo (e per tanti altri motivi) che hanno deciso di mollare: sono i parlamentari sociali delusi dalla politica, esclusi dalle liste o soltanto ritirati dopo il primo impegno in Parlamento. Nel 2013 si parlava ancora di crisi, di welfare in difficoltà e l’impegno politico per molti esponenti del terzo settore sembrava la strada giusta per portare le istanze di questo mondo tra le aule parlamentari. Oggi, per alcuni di loro, non ci sono più le condizioni per poter essere ancora incisivi. In diverse interviste rilasciate a varie testate giornalistiche è evidente una certa delusione, non per quanto fatto fino ad oggi, ma per l’attuale scena politica prossima alle urne.

Tra i 17 parlamentari “sociali” della scorsa legislatura, quelli che più di tutti si sono ritrovati senza un posto o hanno deciso autonomamente di non candidarsi sono quelli entrati in politica con Scelta civica per l’Italia, guidata da Mario Monti. Oggi, dopo varie vicissitudini e defezioni, la compagine di Scelta civica non è più quella di 5 anni fa. Il partito, sotto la guida di Enrico Zanetti, infatti, è entrato a far parte della cosiddetta “quarta gamba del centro-destra“, nel gruppo Noi con l’Italia. Per molti dei parlamentari sociali, però, il partito fondato da Monti ha rappresentato solo una parentesi di pochi mesi. Alcuni di loro hanno scelto di continuare l’attività parlamentare con Democrazia Solidale, altri col Partito democratico oppure con il gruppo per le autonomie, dopo diversi passaggi. Tra coloro che hanno iniziato con Monti e che non troveremo più in Parlamento c’è Mario Marazziti (proveniente dalla Comunità di Sant’Egidio) che fino al 22 giugno, in una intervista sul Sole24Ore, si diceva disponibile “per un centrosinistra aperto”, specificando di non poter ricandidarsi “con chi descrive gli immigrati come nemici o con chi fomenta le paure”. Qualche giorno più tardi, dopo la definizione delle liste del Pd, sull’Huffington Post, Marazziti spiega che “dopo una interlocuzione naturale e doverosa, non ci sono state però le condizioni per confermare una mia candidatura alle prossime elezioni politiche portatrice delle medesime istanze e competenze”.

A lamentare la mancanza di un “contenitore politico” per il mondo cattolico è invece Mario Sberna, ex presidente dell’Associazione famiglie numerose, anche lui entrato in politica con Monti e poi passato a Democrazia solidale. Sulle pagine del Giornale di Bresciaspiega il suo malcontento. “Siamo sparpagliati in tutti i contenitori politici e con questa legge elettorale la moltiplicazione dei partiti è quasi inevitabile e con essa la dispersione aumenta. In questa situazione non esiste un contenitore certo in cui candidarsi e così chiedere il voto agli elettori sulla base proprio dell’essere cattolici in politica”. Per Sberna, quindi, il proprio impegno in politica sembra essersi concluso. “Torno molto volentieri a lavorare in Diocesi – racconta al Giornale di Brescia – e a fare ciò che il vescovo mi incaricherà di fare, non lo decido io. Lavorerò ancora per le persone, quelle che più hanno bisogno”. Ad annunciare il proprio ritiro dalla politica dopo la sua prima esperienza in Parlamento è anche Ilaria Borletti Buitoni, che in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, già nel mese di dicembre dello scorso anno, diceva: “La mia esperienza si chiuderà con la fine di questa legislatura, con un giudizio molto severo della politica”. Buitoni, sottosegretario ai Beni culturali e al turismo, è tra quei parlamentari che hanno lasciato Scelta civica per il Partito democratico, ma le cose non sembrano essere andate per il verso giusto.  Nel Pd, secondo Buitoni, “al di là di poterci contare come numeri – racconta ancora al Corriere -, non hanno mai tenuto in considerazione le nostre competenze, le nostre qualifiche molto specifiche. Sarebbe stato intelligente recuperale, oggi è un po’ tardi”. Nelle liste dei candidati, inoltre, non compare neanche Luigi Marino, oggi tra le fila di Centristi per l’Europa, simbolo confluito sotto il listone di Civica popolare guidato da Beatrice Lorenzin. Anche Marino è tra quelli entrati in politica con Scelta civica per l’Italia con Monti, per poi passare al gruppo Area Popolare. Già presidente dell’Alleanza delle Cooperative, per il senatore Marino la 17ma legislatura è stata la sua prima esperienza da parlamentare

Delusi anche tutti quelli che speravano in una ricandidatura tra le fila del Partito democratico di Luigi Manconi. Oltre ad un centinaio di intellettuali italiani che hanno lanciato un appello affinché il Pd mantenesse sulla propria lista il senatore Manconi, tanti i messaggi e gli endorsment per una sua ricandidatura, mancata, come noto. Sulle pagine del Giornale, lo stesso Manconi spiega che la mancata ricandidatura non è dovuta a “impedimenti formali, ma solo ed esclusivamente a una scelta politica”. Nei giorni scorsi, però, per Manconi si è sono aperte le porte dell’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, di cui è diventato coordinatore.
Tra i non ricandidati, dopo la sua prima esperienza politica nel Pd, anche Paolo Beni, già presidente di Arci nazionale. Beni chiude la sua prima esperienza da parlamentare pubblicando un “rendiconto” sul proprio sito internet dicendo: “Ho fatto del mio meglio”. Per Beni, è stata una legislatura “strana, iniziata in modo rocambolesco dopo un risultato elettorale deludente per la sinistra – spiega nel rendiconto -, a prima vista destinata ad esaurirsi rapidamente e proseguita invece fino quasi alla sua scadenza naturale, ma soprattutto caratterizzata da un’inedita fertilità legislativa. Sono stati gli anni difficili della crisi economica e sociale più dura e più lunga della storia repubblicana. Eppure, a dispetto dell’apparente precarietà che ha contraddistinto fin dagli esordi questa legislatura, governo e Parlamento hanno garantito la tenuta del paese e l’hanno condotto gradualmente fuori dalla crisi. A ben vedere, quello che è stato ingenerosamente definito il peggior Parlamento di sempre, ha prodotto invece molto più di quanto si sia fatto in passato e ci lascia in dote riforme importanti, alcune addirittura destinate a segnare un passaggio d’epoca nella cultura e nel senso comune del paese”. Nell’introduzione al suo bilancio personale, infine, Beni spiega di voler continuare a “garantire il mio impegno politico e istituzionale”. Nelle liste dei candidati del Partito democratico, tuttavia, il suo nome non c’è. Così come non c’è quello di Ernesto Prezioni, deputati del Pd ed ex presidente dell’Azione cattolica. Tra i “big”, infine, c’è un altro vuoto enorme anche se nella diciassettesima legislatura non compare tra gli eletti. Tra i candidati alle politiche del 4 marzo manca il nome di Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e politiche sociali che dopo l’esperienza al ministero di via Veneto non correrà in nessun collegio elettorale. Poletti è stato il ministro della riforma del terzo settore, della riforma dell’Isee, o anche dell’istituzione del Reddito di inclusione. Eppure, alle prossime elezioni non ci sarà. “Preferisco di no – ha detto Poletti durante la trasmissione Di Martedì, su La7 -. Sono un camperista, amo la vita libera. È stata una bella esperienza e ringrazio Renzi e Gentiloni che me l’hanno fatta fare, ma ci sono altre cose interessanti da fare”. (ga)

Da redattoresociale


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