Italia nel pallone. Urgente rinnovarsi

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Gigi Buffon ha pianto a dirotto a fine partita: «Dispiace, abbiamo fallito…». L’Italia nel pallone. Il portiere della Nazionale di calcio esprime un sentimento diffuso tra gli italiani, grandi appassionati del pallone e degli azzurri. L’Italia battuta dalla Svezia (0-1 a Stoccolma e 0-0 a Milano)  è una bruttissima notizia: non parteciperà al Campionato mondiale di calcio del 2018, non andrà a giocare in Russia.

Una disfatta. Non succedeva dal 1958, da 60 anni. Subito è scattata la caccia alle responsabilità. L’allenatore della nazionale Giampiero Ventura è il primo a pagare il conto. Il presidente della Federcalcio lo ha esonerato dall’incarico. Carlo Tavecchio ieri sera ha annunciato: «Ho parlato con Ventura e gli ho comunicato che non abbiamo più necessità della sua collaborazione». Ha indicato il prossimo appuntamento per lunedì: «Abbiamo pensato a profili di allenatori importanti e vedremo di portare possibilmente a termine una di queste ipotesi». Ora è caccia al nuovo grande allenatore della nazionale. Girano tanti nomi: Allegri, Ancelotti, Conte, Di Francesco, Mancini, Maldini, Montella, Ranieri.  Tuttavia i nomi più gettonati sono Ancelotti e Maldini. Ventura era consapevole di essere la prima vittima («E’ un risultato pesantissimo…Chiedo scusa agli italiani»), invano ha cercato di temporeggiare ma pur perdendo il posto sembra che abbia salvato il suo super compenso.

L’Italia nel pallone. Sotto accusa è tutto il mondo del calcio.  Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, chiede le dimissioni del presidente della Federcalcio. Carlo Tavecchio però temporeggia tra polemiche e accuse infuocate. Una parte della Federcalcio è in rivolta. Damiano Tommasi, Assocalciatori, ieri ha chiesto invano l’azzeramento delle cariche e nuove elezioni.

L’Italia nel pallone. La sconfitta di lunedì 13 novembre nello stadio San Siro a Milano lascia il segno. E’ il segnale che il glorioso pallone italiano si è sgonfiato. Il ministro per il Turismo Luca Lotti sollecita soluzioni radicali: «Il mondo del calcio va rifondato». Manca un disegno complessivo, dice a sorpresa Walter Veltroni, ex segretario del Pd, appassionato ed esperto di calcio, intervistato da Fabio Martini per ‘La Stampa’. Veltroni presidente della Federcalcio? La risposta non è né sì né no: «Nessuno me lo chiede». Ridisegna l’impero del pallone. Per la Federcalcio «andrebbero valorizzati personaggi capaci di incarnare valori come la competenza, l’autorevolezza e la terzietà rispetto ai poteri consolidati». Cita «Del Piero, Maldini, Costacurda, Vialli, Tardelli, Cabrini,Buffon…». Fa anche i nomi di  possibili allenatori ritenuti persone serie e preparate come «Montella, Inzaghi, Di Francesco, Giampaolo, Gasperini».

L’Italia nel pallone. Per comprendere le dimensioni del disastro basta una notizia: sia la Lega calcio di serie A sia quella di serie B sono commissariate. Certo in queste condizioni è molto difficile combinare qualcosa di buono.

Eppure i club italiani (dalla Juve al Milan, all’Inter) sono famosi e contano tifosi in tutto il mondo, l’Italia è da sempre un nome celebre nel firmamento del calcio internazionale. Ora, però, è meglio prendere atto che l’Italia è una ex potenza calcistica. La Nazionale azzurra ha vinto quattro volte la Coppa del mondo: nel 1934, nel 1938, nel 1982, nel 2006. Due volte durante il regime fascista (1934 e 1938) con Benito Mussolini duce e capo del governo, una volta nella Prima Repubblica (1982, presidente della Repubblica Sandro Pertini e presidente del Consiglio Giovanni Spadolini), e una volta nella Seconda Repubblica (capo dello Stato Giorgio Napolitano e premier Romano Prodi). Una strana coincidenza: sia Mussolini, sia Spadolini, sia Prodi hanno avuto poca fortuna: il primo fu ucciso dopo la caduta del fascismo, il secondo scomparve assieme al Pri con la fine della Prima Repubblica, il terzo cadde per il disfacimento della sua coalizione di centro-sinistra.

Il calcio è una importante realtà dagli aspetti multiformi: è un fortissimo elemento di aggregazione sociale per ragazzi ed adulti su campi e campetti di tutti i tipi, è un affinatore di tecniche del pallone, costruisce fuoriclasse e squadre mito, cadenza le giornate degli italiani tra  anticipi e posticipi del sabato e della domenica. E’ una grande passione degli italiani che non solo modella tendenze ma produce un gigantesco giro di affari e di interessi tra partite, diritti televisivi, pubblicità, fabbriche che sfornano magliette e scarpini. L’esclusione dell’Italia dai mondiali di calcio, solo per dirne una, porterebbe ad un danno complessivo di circa 100 milioni di euro (una media di 12 milioni di connazionali guarda una partita degli azzurri in televisione durante i Mondiali). Qualcuno arriva a mettere in conto la perdita dell’1% del reddito nazionale dopo l’esclusione dell’Italia dai Mondiali.

Il colpo è fortissimo per il “marchio” del calcio italiano e anche per la stessa immagine dell’Italia nel mondo. E’ un declino sportivo legato a quello politico: manca una strategia per lo sport come per gli altri settori della società. Se non ci sarà un rinnovamento tutto il mondo del calcio rischia di schiantarsi. Il primo segnale c’è stato a Milano lunedì 13 novembre.

La disfatta di San Siro e di Ventura rischia di restare immortalata nei libri di storia da studiare sui banchi di scuola, come il disastro di Lissa e dell’ammiraglio Persano, la clamorosa sconfitta subìta nel 1866 dall’allora moderna flotta italiana per mano delle vecchie navi da guerra austriache. Ma l’Italia monarchica e liberale seppe superare quel disastro, recuperò il terreno perduto e poi nel 1918 arrivò la vittoria contro l’Impero asburgico nella Prima Guerra Mondiale.

Fonte: www.sfogliaroma.it


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