Turchia, ancora arresti di presunti golpisti, tra cui giornalisti, mentre inizia caccia alle streghe nel partito di Erdogan

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Una nuova ondata di arresti, nell’attesa che il 31 ottobre riprenda il processo a 18 tra giornalisti e vertici editoriali dello storico quotidiano di opposizione Cumhuriyet, si è abbattuta su centinaia di persone in Turchia.
Una vasta retata che porta con sé repressione e dolore sia per chi finisce in carcere sia per le rispettive famiglie che da quel momento perdono, quando va bene per mesi, ogni contatto con i loro cari.
L’ultimo repulisti di massa ha riguardato, ancora una volta, le pubbliche amministrazioni e il mondo dei media. L’accusa è sempre la stessa: sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen.
La Procura di Istanbul ha emesso nelle ultime 48 ore oltre 200 mandati di cattura, 67 già eseguiti, contro dipendenti in servizio o già epurati del Comune, e una decina di operatori dell’informazione pubblica, agenzie di stampa e tv, accusati di aver scaricato ByLock, l’app di messaggistica che per gli investigatori veniva impiegata dai ‘gulenisti’ per scambiarsi informazioni criptate prima e durante il tentativo di colpo di stato del luglio 2016.
Anche ad Ankara non si arresta l’azione repressiva delle autorità giudiziarie che hanno avanzato142 richieste di fermo per i dipendenti dei ministeri dell’Educazione e dello Sport.
Le ripetute purghe volute dal presidente Recep Tayyip Erdogan hanno già portato in prigione oltre 50 mila persone e al licenziamento di 110 mila dipendenti pubblici. Il sultano ha iniziato la sua caccia alle streghe a Istanbul per estendersi ad Ankara, su cui si sta concentrando negli ultime settimane l’attenzione delle autorità giudiziarie.
Anche politicamente la situazione appare sempre più instabile e nel giro di pochi giorni Erdogan ha fatto capitolare il sindaco della città più grande e ricca della Turchia, Kadir Topbas, ed ora punterebbe sul primo cittadino della capitale turca.
A Melih Gokcek, bizzarro e discusso major di Ankara alla guida della città da 23 anni, Erdogan non ha perdonato la vittoria del ‘no’ al referendum di aprile sul presidenzialismo. I vertici del partito gli imputano, inoltre, un tentativo di indebolire il presidente in vista degli appuntamenti elettorali del 2019, amministrative, parlamentari e presidenziali nel giro di 6 mesi.
Insomma un vero e proprio terremoto politico tutto interno all’Akp in cui tanti appaiono scontenti ma nessuno, finora, se n’è andato sbattendo la porta.


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