Graziano Zoni, una vita con gli ultimi

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Se n’è andato camminando per strada, dopo una vita condivisa con la gente di strada: quelli che per strada sono finiti e sono stati costretti a restare. Non i poveri: lui li chiamava “gli impoveriti”. Graziano Zoni ci ha lasciato ieri sera, all’improvviso, dopo aver trascorso un altro giorno insieme a loro, nella comunità Emmaus.
Mentre, facendomi spazio tra il dolore, cerco le parole per presentarlo a chi non ha avuto la grazia d’incontrarlo, mi scorrono davanti agli occhi inumiditi i ricordi degli oltre trent’anni che abbiamo passato assieme cercando la via della giustizia e della pace: giornate intere, non stop, spese all’insegna dell’impegno sociale e politico, della “collera d’amore” che aveva imparato dall’Abbè Pierre e da dom Helder Camara, e della solidarietà più autentica con gli impoveriti del mondo, gli immiseriti, i depredati, gli offesi, gli abbandonati.

I tantissimi che l’hanno conosciuto lo ricorderanno per l’umanità, la mitezza, la vicinanza, la coerenza, la fedeltà, l’onestà, la sobrietà, l’amore, la dedizione, la passione, la fede, la positività, la tenacia, il coraggio, la bontà che ha sempre distribuito a piene mani. Azione Cattolica, Mani Tese, Emmaus Italia, Tavola della pace sono state alcune delle organizzazioni in cui si è maggiormente impegnato. Dai quartieri di Firenze dove abitava, alle periferie del mondo di cui si sentiva pienamente cittadino.

“Bisogna che ci abituiamo, sempre di più, a parlare di pace non solo in contrapposizione alla guerra”, scrisse su Avvenire alla vigilia della Marcia PerugiAssisi dell’anno scorso. “Soprattutto occorre che, sempre di più, la smettiamo di pensare che la ‘colpa’ è solo degli altri: governi, politici, fabbricanti di armi sempre più potenti e micidiali, speculatori di Borsa… Bisogna invece, che ci convinciamo a prendere atto del nostro diretto, personale coinvolgimento, della nostra responsabilità.”

Grazie, Graziano, per averci insegnato il senso della vita. Resterai per sempre nei nostri cuori.


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