Dopo Ischia. Quando l’abusivismo di necessità giustifica l’illegalità

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Alcuni giornalisti, che stavano facendo il loro mestiere tra i ruderi delle case abusive distrutte dal terremoto ad Ischia, sono stati minacciati e fatti sgomberare dalle zone da parte di residenti o presunti tali, che reclamavano i loro “diritti” in quanto “terremotati” e non “abusivi. A loro va tutta la nostra solidarietà, anche se avessero insistito con scene e reportage lacrimevoli. In realtà, questi “terremotati” dovrebbero prendersela con sè stessi, con i loro accondiscendenti amministratori ischitani e regionali, che da decenni si oppongono a qualsiasi ipotesi di risanamento edilizio e paesaggistico della splendida isola (una volta!). Tanto da aver “sanato” per decenni lo scempio urbanistico dell’isola ed autorizzato l’affitto stagionale ai turisti delle case abusive e costruite senza norme antisismiche.

Un tempo nel linguaggio popolare “succede una Casamicciola” significava fare o subire un caos incontrollabile: memore del terremoto di fine ‘800, l’intelligenza popolare metteva sull’avviso dei pericoli. Ma dal dopoguerra in poi non sembra proprio che gli ischitani e i loro solerti amministratori abbiano seguito il monito!

Anche quando, anni fa, ci furono le ordinanze dei magistrati per abbattere proprio quegli obbrobri ora crollati in seguito al terremoto, le proteste più o meno etero-organizzate presero il sopravvento e così tutto si bloccò e tutto tornò “nella normalità”. Si parla spesso di “Abusivismo di Necessità”: da ultimo i 5 Stelle e il governatore “pulcinelloso” della Campania De Luca, secondo il quale una considerevole colpa sarebbe da imputare anche ai “fondamentalisti ecologisti”.

E’ una fandonia, una bufala (e non di Battipaglia o di Acerra)!

L’unico “abusivismo di necessità” storico e comprensibile fu quello a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, commesso da centinaia di migliaia di emigranti del Sud venuti a cercare lavoro e migliori prospettive a Roma ed in altre città del Nord. Visti dagli altri italiani appena usciti dalla povertà bellica in maniera razzistica come “terroni, brutti sporchi e cattivi”, seppure da schiavizzare nei lavori più umili e duri, non trovando affitti alla loro portata e non volendo dormire ammassati come i deportati nei campi di concentramento, i nostri emigranti scelsero l’unica soluzione possibile: costruirsi con le proprie mani le “casette”.  Si crearono le baraccopoli, le cosiddette Corea e Shanghai, come venivano ribattezzate allora con toni dispregiativi. Ma si costruirono anche interi quartieri senza piani regolatori nelle estreme periferie, senza condotte d’acqua pubblica (si pagavano bollette a famelici privati) e con allacciamenti di fortuna ai pali della luce elettrica, le strade improvvisate e spesso senza asfalto, nessuna raccolta delle immondizie.

Questa pure fu l’Italia del boom economico. Ci fu poi una vasta opera di abbattimento e di sanatoria nella seconda metà degli anni ’70 (a Roma con le giunte di sinistra Argan, Petroselli e Vetere). A molti fu data la possibilità di andare ad abitare nelle case popolari; ad altri arrivò una sanatoria e l’allacciamento con le reti dei servizi pubblici. Si costruirono anche scuole. Ma l’abusivismo continuò lo stesso, soprattutto nelle zone costiere, vicino e persino dentro alle aree archeologiche, sui dirupi arditi, sui costoni e gli argini dei fiumi: “la ricchezza del Belpaese” veniva ferita a morte!

Il Belpaese ad ogni alluvione o pioggia intensa frana, si allaga, crolla; i terremoti anche con lievi scosse abbattono abitazioni e fanno morti, e le autorità si sperticano in promesse mai mantenute, senza però intervenire con mano forte sul risanamento ambientale ed urbanistico. Più che “di necessità”, dunque, si tratta spesso di abusivismo da seconde case (il 70% dei casi), messe su anche scheletricamente non terminate per sfruttarne affitti stagionali e non solo.

Ecomostri finanziati da potentati locali, dal riciclaggio dei “soldi sporchi” della malavita organizzata e da spregiudicati politici in cerca di consensi elettorali hanno distrutto non solo la nostra ricchezza paesaggistica, unica al mondo, ma hanno negato una delle possibilità di occupazione e sviluppo economico di lunga durata. Negli ultimi decenni, governi nazionali e regionali di centrodestra e di centrosinistra hanno emanato leggi, regolamenti, delibere e ordinanze, in realtà disattese e spesso in contraddizione tra loro.

Un gioco delle parti, dove contano di più le lentezze burocratiche, le contraddizioni delle normative, i ricorsi alla giustizia amministrativa e a quella civile per farsi riconoscere diritti assurdi o rimborsi esosi: tutto a scapito delle poche amministrazioni locali che “osano” far rispettare le regole e tutelare l’ambiente.

E ancora personaggi dalle più svariate posizioni politiche e con responsabilità istituzionali parlano di “abusivismo di necessità”? Le nostre speranze sono ora riposte nella magistratura napoletana che ha ravvisato ipotesi di reato per omicidio colposo ed altro…Ma si può ogni volta affidarci alla solerzia della giustizia togata, perché il nostro paese si salvi e imbocchi una volta tanto la strada maestra della legalità?


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