Media: come verificare le fonti attraverso social e web

0 0

 L’Ejc ha redatto un manuale pratico sull’argomento: “imparare a usare social media e altre fonti per raccogliere, confrontare e verificare informazioni discordanti

Come affrontare il tema della verifica delle fonti avendo a disposizione l’intero web e poco tempo? Ha cercato di rispondere a questa enorme domanda lo European journalism center (Ejc) con la redazione del verification handbook, definito come “la guida definitiva alla verifica dei contenuti digitali per coprire le emergenze”.

In dieci capitoli il volume fornisce strumenti e indicazioni utili a verificare le fonti in un contesto globale sempre connesso che aumenta il livello di difficoltà e richiede, scrive il manuale, che “giornalisti, ong e soccorritori debbano imparare a usare social media e altre fonti per raccogliere, confrontare e verificare informazioni discordanti”.

“Se tua madre dice che ti vuole bene, controlla”

Partendo da questa provocatoria massima, Ejc ribadisce l’importanza di porsi sempre delle domande in merito a una fonte, prosegue infatti, “è assai probabile che tua madre ti voglia bene, proprio come sostiene. Puoi verificarlo intervistando i suoi amici e la famiglia, cercando foto e video in cui dimostra il suo amore per te”.

In tal senso i social network hanno senz’altro ampliato il bacino di informazioni reperibili e possono anche essere utilizzati per verificarle. Specifica Anthony De Rosa, produttore digitale per The Daily Show: «uso TweetDeck per monitorare gli aggiornamenti. Se i social media sono la ricetrasmittente della polizia, TweetDeck è la vostra radio. Io preparo in anticipo vari elenchi di utenti Twitter da seguire rispetto a situazioni specifiche. Tra questi ci sono gli account della polizia delle maggiori città, di reporter e testate locali affidabili, di giornalisti specializzati. Organizzo questi elenchi nelle colonne di TweetDeck e procedo con ricerche mirate, oppure ne seguo semplicemente il flusso continuo. Ovviamente alla fine della trafila una telefonata per verificare che il fatto sia accaduto rimane indispensabile, laddove possibile».

Nessuna delle notizie trovate sui social media è da considerarsi certa: evidenzia perciò Claire Wardle della Tow Center della Columbia University come, in questi casi, il giornalista debba «impegnarsi a identificare quattro elementi primari. Provenienza: trattasi di materiale originale? Fonte: chi lo ha caricato? Data: quando è stato creato? Luogo: dove è stato creato?», fornire la risposta a ciascuna di queste domande porta alla verifica della notizia stessa.

Un primo passo in tale direzione è il controllo degli account social che si stanno considerando come fonti attendibili, nella maggior parte dei casi, su Facebook e Twitter, in riferimento soprattutto a personaggi celebri, appare accanto alla spunta blu l’indicazione di “account verificato”.

Oltre le parole le immagini

È possibile applicare lo stesso principio di verifica anche alle immagini. Aggiunge Trushar Barot, redattore associato per i social media presso la BBC News: «per confermare luogo, data e orario approssimativo in cui è stata prodotta l’immagine è bene farsi mandare più foto, difficilmente l’autore ne avrà scattata una sola, avere da lui delle risposte precise su dove si trovi e assicurarsi che la persona coinvolta non corra rischi per le informazioni che sta fornendo. Per confermare che l’immagine corrisponda a quanto si dice nella didascalia o negli allegati ci sono diversi strumenti a disposizione: Google Reverse Image Search o TinEye per confermare che l’immagine sia originale. Incollate la url dell’immagine o una sua copia su uno dei due e partiranno immediatamente a setacciare il web per cercare dei raffronti. […] Di solito, l’immagine con la risoluzione/dimensione maggiore va considerata quella originale. Una volta trovata l’immagine originale potete confrontarla con quella che avete e vedere se la fonte è autentica».

E se la fonte mandasse video?

Malachy Browne, ex manager di Storyful, agenzia stampa dei social media, sottolinea un aspetto tecnico: «Su YouTube, guardate direttamente sotto la barra di ricerca, cercate il menu dei filtri e selezionate ‘Upload Date’, come nell’immagine sotto. Vimeo, YouKu e altre piattaforme hanno filtri simili. Scorrete i risultati e confrontate i ‘thumbnail’ (miniature) dei video per individuare la versione più vecchia (normalmente i ‘thumbnail’ dei video originali e di quelli ‘rubati’ corrispondono)». Se tutto ciò corrispondesse bisognerebbe procedere a domande speculari rispetto a immagini e testi, ovvero la reputazione dell’account, la qualità dei video e il linguaggio utilizzato. Si tratta di elementi per identificare quelle che Ejc descrive come “impronte digitali video” che possono aiutare a riconoscerne l’autore e quindi chiedergli ulteriori specifiche sull’attendibilità del video.

Mathew Ingram è, tra le altre cose, redattore capo per la rivista Fortune, e fornisce nel manuale alcune indicazioni per utilizzare via social quella che definisce la folla collaborativa: «Per gestire così tanti contatti, è funzionale mettere in piedi delle ‘Twitter Lists’ divise per argomento o area geografica. Oggi qualcosa del genere si può ottenere anche con le ‘Facebook Interest Lists’, con le cerchie di Google Plus e simili strumenti, creando delle ‘playlist’ su YouTube e con altri strumenti innovativi».

Informatica e geografia

Tra gli strumenti finali indicati nel manuale vi sono due progetti. Il primo è una piattaforma, Verily, che Patrick Meier, esperto internazionale nell’applicazione delle nuove tecnologie alle emergenze umanitarie, ha contribuito a realizzare: «usa lo human computing per raggruppare rapidamente prove che confermino o smentiscano le informazioni condivise sui social media. Prevediamo che Verily venga usato per aiutare a chiarire i rapporti contraddittori sui danni dei disastri naturale, un fenomeno che si ripete spesso durante e dopo gravi crisi. Ovviamente la piattaforma può essere usata anche per verificare immagini e riprese video» chiarisce Meier.

OpenStrettMap è invece un progetto collaborativo, descritto dal collaboratore Dan Stowell come «finalizzato a creare mappe a contenuto libero del mondo, basato sul modello di Wikipedia. Fornisce mappe e cartografie tra le più dettagliate possibili, in particolare di molti paesi in via di sviluppo». I geodati così ottenuti possono essere utili per verificare se una cosa sia effettivamente accaduta in un dato luogo o meno.

In fondo alla guida Ejc fornisce un elenco di strumenti utili alla verifica di identità, luoghi e immagini ed è disponibile, in pdf e online, in inglese, greco, francese, portoghese, spagnolo, arabo, turco, russo, croato e italiano (qui).

Da cartadiroma


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21