Spot di regime. La presenza del Presidente del consiglio in tv non ha precedenti

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Venti passaggi al giorno per sette giorni (per ora) fanno circa due milioni di euro, se parlassimo di spot pubblicitari. E in verità ne stiamo parlando, perché la comunicazione cosiddetta istituzionale del governo sul referendum è un’inserzione commerciale pura e semplice. E ha inondato le reti della Rai sotto specie di comunicazione di utilità sociale, secondo la dizione prevista dalla legge. Quest’ultima è bellamente aggirata, per trarre vantaggio dalla bulimia propagandistica. Tra l’altro, se fossero spot, questi che tratteggiano estasiati il quesito furbamente apposto in testa alla legge di revisione della Carta, sarebbero bloccati dal codice di autosciplina: scorretti e ingannevoli. Si chiuda simile pagina indecorosa, sintomo se mai delle difficoltà del fronte del SI, se  ricorre a tali pratiche mendaci.

Si tratta di una delle mosse spericolate per tentare di vincere domenica 4 dicembre, quando Renzi ha convocato il plebiscito su di sé. Malgrado i tentativi di attenuare la prima indicazione a la De Gaulle, il voto referendario ha mantenuto il tono e la cifra iniziali, che poco pagano in termini di consenso reale –stando ai sondaggi-. Di qui l’abbuffata mediatica. La presenza del Presidente del consiglio a ciclo continuo è impressionante e non ha precedenti, neppure nel e del periodo berlusconiano. Da ultimo, le partecipazioni a Politics e, soprattutto, all’Arena di Giletti. E’ bene ricordare che la legge sulla par condicio è in vigore, essendo andata in Gazzetta ufficiale on line la decisione della data già lo scorso 27 settembre. Tanto è vero che in questi giorni sia l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia la Commissione parlamentare di vigilanza hanno varato i rispettivi regolamenti, con un certo ritardo. Infatti, le regole generali valgono dal momento della convocazione dei comizi elettorali, mentre nell’ultimo mese si applicano le norme sulla rigorosa presenza dei diversi soggetti nei confronti e nelle tribune. L’apparizione sulle onde herziane è, pero ‘, strutturata prima, dalla pubblicazione della data. E uno dei tratti dello spirito della legge riguarda proprio le presenze dei rappresentanti istituzionali nelle trasmissioni-contenitore, dove è lecita solo se è inerente alla mera attività ufficiale. Senza uscire dal seminato o sfociare anche indirettamente nella sfera elettorale. Insomma, perché Renzi è andato da Giletti ? Tra l’altro, il servizio pubblico ha obblighi specifici, che richiedono una particolare sensibilità.

Se non viene chiarita la questione, è fin troppo facile prevedere l’invasione barbarica delle reti e delle testate fino al 4 novembre. Sarebbe come giocare una partita ad armi clamorosamente impari e con regole stabilite in via di fatto da uno dei due contendenti. Si apre, dunque, una fase di estrema delicatezza, che farà precedente laddove si verificheranno altri casi di referendum oppositivo o confermativo che di si voglia.

I regolamenti approvati sono meglio di niente, ma eludono la necessità di rendere neutra la comunicazione di pubblica utilità e sono troppo conservativi nella previsione dei soggetti aventi diritto a partecipare agli spazi. Una logica troppo partitica, quando il referendum è il regno di comitati e associazioni mobilitati su uno specifico obiettivo. Ancora una volta è prevalsa l’impostazione classica e meno creativa, copia conforme dei testi sulle scadenze politiche e amministrative.

La legge 249 del 1997 ha attribuito all’Agcom compiti rilevantissimi, a cominciare dalla pubblicazione tempestiva e ravvicinata dei rilevamenti quantitativi sulle due parti. Il Comitato del NO si è organizzato autonomamente. A pensar male.

Fonte: “Il Manifesto”


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