Massoneria e servizi segreti nel caso Matacena

0 0

Se c’è una cosa che in Italia succede un giorno sì e l’altro pure è che, quando i magistrati devono ricostruire le vicende che riguardano i legami tra la politica e le associazioni mafiose, accade il più delle volte che tra i personaggi del dramma si trovano sempre i soliti personaggi: un ufficiale di qualche servizio (vecchio e nuovo: il Sisde o, come in questo caso, l’Aise), un assistente capo di polizia (ma in servizio a palazzo Chigi, cioè alla presidenza del Consiglio) un ex deputato (nel caso specifico, Amadeo Matacena, ex deputato di Forza Italia, già condannato definitivamente a tre anni di carcere). Riparato per sfuggire alla reclusione nel “paradiso non solo fiscale” di Dubai.

Secondo un quotidiano di destra romano, Il tempo, nella vicenda compare anche un monsignore che ha tentato di vendere in nero quattrocento chili di lingotti d’oro custoditi in un caveau del Vaticano e frutto della “fusione d’oro donato dai fedeli alla Chiesa. Nelle carte giudiziarie comparirebbero riferimenti ai clan Casamonica e a un’imprenditrice di Corleone-citata per l’oro- e vari commerci in corso fra gas, petrolio e giubbotti antiproiettile. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e dal sostituto Giuseppe Lombardo. E trae origine da quello che ha portato a processo-ancora in corso-fra gli altri- l’ex ministro berlusconiano Claudio Scaiola anche lui accusato di aver protetto la latitanza di Matacena ) che sul quotidiano romano dal suo “esilio” di Dubai ammesso che si trovi proprio lì, definisce il “nuovo filone di indagini “uno sporco gioco politico”. L’uomo dei servizi finito sotto inchiesta per associazione mafiosa-in concorso con altri soggetti- è il colonnello Domenico Sperandeo ,all’epoca dei fatti in forza all’Aise (l’agenzia per la sicurezza esterna) e secondo quello che scrivono i pm, pensionato dal servizio proprio in seguito all’epoca dei fatti in forza al servizio proprio in seguito all’indagine. Il poliziotto, iscritto per lo stesso reato, è Franco Ciotoli, assistente capo della Polizia di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ad aprile la Direzione investigativa antimafia ha perquisito le loro abitazioni a Roma, portando via computer, tablet e dischi rigidi. Oltre a Scajola, la moglie del politico latitante Chiara Rizzo, la sua segretaria Maria Grazia Fiordelisi, il suo factotum Martino Antonio Politi, anche lui latitante e nipote omonimo del senatore PDL. Secondo l’accusa riportata nel capo di imputazione, il gruppo ha posto in essere o comunque agevolato condotte delittuose a “dirette a proteggere la perdurante latitanza di Matacena.”

Con l’obiettivo di “mantenere inalterata la piena operatività di Matacena e della galassia imprenditoriale a lui riferibile costituita da molteplici società usate per schermare la vera natura delle relazioni politiche, istituzionali e imprenditoriali da lui garantite a livello regionale,nazionale e internazionale.” Il colonnello Sperandeo, scrivono i magistrati nel decreto di perquisizione, “risulta inserito in una loggia massonica, verosimilmente del Grande Oriente d’Italia sin dai tempo in cui era in servizio all’AISE. Circostanza che “viola i limiti imposti dalla legge in ordine all’iscrizione alle logge massoniche di un soggetto che riveste lo status di militare in servizio. Nelle intercettazioni, l’uomo dei servizi parla con avvocati, dipendenti Rai e professionisti romani di riunioni che si tengono ogni martedì in un tempo diverso”. “Il mio assistito è un onesto servitore dello Stato e e dichiara estraneo ai fatti e siamo pronti a dimostrarlo” afferma il legale di Sperandeo, avvocato Daniele Francesco Lulli. Ma occorrerà attendere le fasi successive del processo per rendersi conto della realtà dell’accaduto. Sperandeo e Ciotoli sono indicati anche dalla Procura di Reggio come intermediari nel presunto tentativo di vendita dei lingotti vaticani in contatto con i soci della Goldiam maltese nel settore dei gioielli. Sentito dagli inquirenti nel 2015, un imprenditore calabrese ha messo a verbale che “un monsignore mi disse che aveva la necessità di effettuare un’operazione riservata che prevedeva la vendita di un primo stock da 400 chili(..) Richiedeva il pagamento in contanti o attraverso il deposito presso una cassetta estera. Un socio della Goldiam precisa poi agli inquirenti :”A dire del monsignore l’oro era custodito nel caveau del Vaticano. Appresi che proveniva dalla Svizzera ed era frutto della fusione di oro donato alla Chiesa.” Insomma, tutti gli elementi di un’autentica commedia all’italiana degli anni 60-70. Non manca nessun elemento:le donne, i gioielli e l’oro,i servizi segreti, il monsignore.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21