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Il giorno della rivolta dei Nebrodi. Vuoti di memoria o rimozioni politiche

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Il 21 maggio sarà ricordato come il giorno della rivolta dei Nebrodi (dalla fascia costiera all’area montuosa e interna) contro la mafia, dopo l’attentato al Presidente del Parco e le minacce ai sindaci, tre grandi e imponenti manifestazioni con la presenza e gli interventi del Presidente della Regione, del sen. Lumia, del Presidente del Gal e di Giuseppe Antoci, presidente del Parco, hanno segnato la giornata: a S.Agata, al mattino, promossa dal Sindaco Sottile, dal Centro Studi Pio La Torre, dalla Fai; a Tortorici, nel pomeriggio e la sera a Cesarò, sempre promossa dai locali sindaci.

Nessuno pensi che sia stato un’improvvisa esplosione di collera contro qualche decina di allevatori predoni e mafiosi. Quella manifestazione è maturata in questi anni con il lavoro quotidiano di tanti amministratori, sindacalisti, docenti per presidiare il territorio e tutelare una popolazione colpita duramente dalla crisi e dall’inefficienza dell’intervento pubblico e della debolezza di quello privato.

In testa a quelle manifestazioni ci sono stati quei giovani studenti medi che hanno seguito, con i loro docenti, nel corso di questi anni, i percorsi educativi antimafia del Centro La Torre, quei sindaci (di centrosinistra e di centrodestra, che senza clamore mediatico hanno lavorato quotidianamente per opporsi al condizionamento mafioso, quei giovani precari che si sono inventati nuove forme di imprenditorialità pur di non lasciare i loro paesi natii.

La manifestazione del 21 maggio, all’indomani di quelle del 30 aprile (per l’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo) e alla vigilia di quella per la Strage di Capaci, ha posto con forza ai Governi, nazionale e regionale, e all’opinione pubblica la questione del controllo democratico del territorio e della sua economia per smantellare il sistema politico mafioso che ne condiziona la crescita. Dunque non solo mafia dei pascoli, contro la quale è bastato semplicemente applicare leggi e regolamenti esistenti, a cominciare dalla trasparenza antimafia e all’evidenza pubblica di ogni affidamento, per scatenare il tentativo di assassinio. Ma per metterla fuori campo occorre una verifica sul groviglio politico-mafioso connettivo nell’appalto per il completamento del Porto di S.Agata e gli altri lavori pubblici, comprese le discariche, che devono essere sbloccati e realizzati in piena trasparenza e accelerando i processi contro i presunti corruttori e corrotti.

I Governi hanno risposto prontamente sul piano repressivo, ma procedano d’ora in poi con quotidiani interventi di accelerazione amministrativa, di spesa celere dei fondi pubblici (da quelli europei a quelli per il Porto), di assegnazione rapida dei pascoli, di risanamento degli allevamenti, di sicurezza sanitaria, di rotazione dei responsabili amministrativi e sanitari inefficienti, collusi o corrotti. Inoltre i Governi non regalino il disagio sociale al sistema politico-mafioso, rafforzino gli uffici sanitari, investigativi, inquirenti di quei territori e approvino i provvedimenti contro la povertà come previsto dal ddl di iniziativa popolare depositato il 13 novembre all’Ars e le altre misure per la crescita del Meridione dal quale fuggono i giovani laureati, ma anche i potenziali investitori non ammaliati dalla vuota retorica antimafia che non fa paura al sistema, politico mafioso, ma ai veri imprenditori, sì.

In ogni manifestazione c’è sempre segnalata qualche presenza inopportuna e indesiderata. Anche a S.Agata è stata rilevata quella di un senatore della Repubblica rinviato a giudizio per concussione ed associazione a delinquere. Più di uno dei giovani che hanno appreso dalle lezioni antimafia del Centro La Torre che la corruzione è la madre di tutte le mafie e dell’indebolimento della democrazia ha chiesto spiegazioni. Spero che gliele diano quei comportamenti coerenti dei pubblici poteri invocati da tutti quelli che muovono dalla constatazione storica che la mafia senza corruzione e politica non esiste. Per quanto riguarda il Centro La Torre, esso è pronto a supportare con il protocollo antimafia e anti-corruzione tutti quegli amministratori che vorranno sottoscriverlo come hanno fatto l’Anci, il Sindaco di Palermo e tanti altri sindaci, con un’azione antimafia sul piano educativo e su quello economico sociale che, senza retoriche e eccessive esibizioni mediatiche, porti a un cambiamento della realtà. Siamo rimasti molto sorpresi che nella lunga trasmissione televisiva dell’importante giornata della legalità dedicata alla strage di Capaci e a Falcone, nessuno abbia avuto modo di spiegare ai giovani che senza la legge Rognoni-La Torre non sarebbe stato possibile il maxiprocesso, l’una e l’altro frutto del sangue versato dalle vittime innocenti della seconda guerra di mafia e dei delitto politico-mafiosi che l’hanno segnata e di quella elaborazione politica contenuta nella relazione di La Torre, Terranova e altri alla Commissione Antimafia del 1976 e oggi riapprovata all’unanimità, a 40 anni di distanza, dall’attuale Commissione Bindi per contrastare l’antimafia fasulla.

Che sia stato un vuoto di memoria o una rimozione politica?


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