Intercettazioni, attenzione alle trappole

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Freud parlava di ritorno del rimosso, ma in realtà le intercettazioni non sono mai state rimosse, tornano in continuazione semplicemente perché non sono mai state digerite.  Di fronte ad alcuni casi non c’ è da discutere, c’ è da intervenire.  Su come leader politici riescono ad imporre la loro volontà al di là del merito del problema ormai ci sono molti studi. La Thatcher presentava le sue proposte reiterando che non c’ era un’ altra alternativa possibile. Secondo alcuni autori, Danatella Campus per esempio dell’ Università di Bologna,  l’abilità della Lady di ferro era questa: “il vantaggio della premier stava nel saper presentare le sue proposte dentro un quadro di riferimento ideologico che ne sostanziava gli argomenti”. E’ quello che si fa oggi sul tema, certamente delicato della privacy, che per l’ ennesima volta viene riproposto alla nostra attenzione. Si parte da un dato pubblicato da tutti i giornali (il ministro rivolto al proprio compagno: “mi tratti come una sguattera del Guatemala…”  per inserirlo in un contesto ideologico che pone problemi forti: è lecito pubblicare lo sfogo personale di un ministro con il proprio compagno violando la sua privacy, la sua intimità personale? Posto in questo quadro uno è portato ad arretrare, ad accettare il principio che non tutte le intercettazioni debbano essere usate perché violano il diritto alla proprio intimità interpersonale.

In realtà se non ci si fa chiudere in questa trappola, in questo quadro fittiziamente ideologico (non voglio censurare aspetti sgradevoli o controproducenti della vita politica, difendo solo i valori della libertà personale), ebbene se non ci si fa chiudere in questa trappola si può molto discutere. Nel caso specifico. Se vi è uno sfogo che ha modalità personali anche dolorose, vi potrebbe essere, in ipotesi, la dimostrazione che tali erano gli interessi personali e, sempre in ipotesi, affaristici da passar sopra i sentimenti più profondi del proprio compagno o della propria compagna. Lo scandalo non sarebbe tanto nella pubblicazione di un brano di un’ intercettazione, ma il fatto che per interessi personali non si rispetti la vera privacy di una persona, i suoi sentimenti più profondi. Non è la pubblicazione che offende ma, almeno nella mia sensibilità personale, il mancato rispetto dell’ altro, l’ umiliazione che mi pare di avvertire cui viene sottoposta una delle due persone che si parlano.

In un altro quadro che per comodità continueremo a definire thatcheriano si procede in questa discussione sulle intercettazioni. Certo le intercettazioni servono per le indagini, ma non tutte, non quelle private, non quelle che mettono in piazza i sentimenti di una persona, i suoi rapporti di amicizia o di cordialità, i suoi momenti di relax, la sua vita personale. E poi, siamo chiari, sono i giornalisti che non hanno il senso del limite, del rispetto della gente, che pur di pubblicare non esitano a mettere in piazza la vita privata delle persone, di chi si occupa di politica. Se il caso singolo, eclatante, è il pretesto per allargare la discussione, la frase chiave è: la vita privata è sacra (per la verità non sempre, non quella di un pedofilo per esempio). Quel che conta è l’ assertività delle affermazioni, l’ alea di un apparente buon senso che ne ricopre e, talvolta maschera, le conseguenze.

Ma le cose stanno veramente così? E’ intrusione degli osservatori che viola la vita dell’uomo politico. In realtà tutto parte da lontano. I primi ad accorgersi che la loro vita privata può portare un beneficio alla loro politica, al loro successo, sono proprio gli uomini politici. Ricordate le foto di John John Kennedy e di Caroline, alla Casa bianca,  nello studio ovale del padre. Le foto di Kennedy in barca a vela o sulla spiaggia con i figli? Ora sappiamo che la vita della famiglia Kennedy non sempre era un idillio, ma quelle erano foto molto pulite, gradevoli, ben studiate, che davano l’ immagine di un Capo di stato chiamato ad assumere gravi responsabilità ma che anche nella gravità del compito cui è stato chiamato conserva tutta intera la sua umanità. In alcuni momenti deve essere un freddo calcolatore, ma non abbandona mai la sua vita affettiva, le emozioni, la simpatia, il coinvolgimento negli aspetti migliori dell’ umanità.

Un esempio interessante di politico che viola la privacy degli altri è il caso di Ronald Reagan, un Presidente che si rivolgeva sistematicamente ai propri elettori. In alcuni casi, quando il Congresso ostacolava le sue scelte, non esitava a rivolgersi al popolo americano invitandolo a fare pressione sui membri del Congresso, invitando gli elettori a prendere iniziative (a scrivere, a telefonare, a dire) ai parlamentari eletti nel loro collegio perché accettassero ciò di cui non erano convinti. In poche parole: invitava gli elettori a violare la privacy dei propri parlamentari, a influenzare la loro personale serenità di giudizio e di valutazione.

Anche in Italia abbiamo esempi di politici che hanno fatto leva sulla loro vita privata. Quante volte Berlusconi ha fatto riferimento alla madre, alla zia suora. Cosa ci dicono alcune immagini della sua vita privata se non che nonostante la sua età è ancora un leader nel pieno del suo vigore, capace di essere amato e di farsi amare da una persona molto più giovane di lui cui, grazie a lui, non pesa la grande differenza di età.

In molti casi la divulgazione della propria vita privata fatta dai politici dà un’immagine volutamente falsa della loro vita per rendere più credibili le loro scelte politiche. E’ un inganno. Mistificano a fini mediatici  la loro personalità, quella personalità  cui il cittadino deve affidarsi. Spesso vogliono creare un’ immagine che ispiri fiducia e renda più facile far accettare soluzioni politiche discutibili e non sempre utili per il paese ma solo per il loro potere. In qualche modo, utilizzano i media per entrare nella vita privata del cittadino, nelle sue credenze, nelle sue convinzioni. Il fine è trarne un beneficio quantomeno politico. In realtà quando si parla di privacy e di intercettazioni non si dovrebbe parlare soltanto di forbici e di censure, di categorie (i giornalisti, ad esempio) da demonizzare. Il discorso è molto più ampio e come sempre, il gioco non viene condotto solo da una parte. Spesso si vogliono sottrarre intercettazioni che mettono in discussioni immagini di comodo. E’ questo scarto tra la realtà e la loro immagine mediatica che non viene accettata.


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