Rifugiate, e l’Europa sta a guardare

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I media italiani? Brillano per la loro distanza. Al via un ciclo di convegni organizzati a Milano presso la sede del Parlamento Europeo.
Di Luisella Seveso

Uno sguardo attento alle politiche di genere per i rifugiati. Non è una richiesta da poco, per la degna accoglienza di una popolazione stremata, affamata, respinta alle frontiere nella sua disperata richiesta di libertà e pace. E’ una questione di civiltà e uguaglianza cui fanno appello le Onlus e le associazioni che assistono ogni giorno migliaia di profughi e che lunedì hanno avuto voce a Milano, presso la sede del Parlamento Europeo, nel corso di uno degli incontri dedicati proprio a “Donne rifugiate e richiedenti asilo nell’Unione Europea” organizzati per tutto il mese di marzo. L’incontro, “In fuga dalle guerre. L’Europa per le donne, l’Europa per i diritti” era coordinato da Emanuela Ghinaglia di Se Non Ora Quando Lombardia. Intanto, ieri il Parlamento Europeo ha votato il report della deputata inglese Mary Honeyball dedicato proprio all’approccio di genere in tema di rifugiati. I deputati che l’hanno approvato sostengono che una riforma delle politiche di migrazione e di asilo dell’UE deve comprendere misure di genere per garantire la sicurezza delle donne che chiedono asilo, molte delle quali viaggiano con bambini piccoli e altre persone a carico.

Sono stati in particolare i racconti di Elisa Gambardella, Yes Feminist Network Coordinator e di Giorgia Serughetti dell’Università Milano Bicocca a tracciare un quadro inquietante della situazione. Testimone la prima della realtà in un campo profughi turco e la seconda del fenomeno della tratta delle donne nigeriane, hanno saputo dare il polso della situazione. Nei campi turchi le donne e i bambini in attesa di ricongiungimento, che rappresentano il 50% dei rifugiati attualmente, non hanno bagni separati da quelli degli uomini, nessuna fornitura igienica, nessun luogo separato per dormire. Scarseggiano le traduttrici e ai traduttori quasi mai le donne osano confessare gli abusi e gli stupri di cui molto spesso sono vittime durante il viaggio. E rischia di restare invisibile anche un altro aspetto criminale di questa fuga di disperate: la tratta di donne, in particolare nigeriane, destinate alla prostituzione. La loro presenza aumenta in modo esponenziale ( nel 2016 sono 5000), i fondi destinati ai centri antitratta diminuiscono con la stessa velocità. Pochissime sono inviate ai centri di sostegno. Le altre restano nelle mani dei trafficanti.

Due note in qualche modo consolatorie da Franca Cavagnoli autrice di “Luminusa”, delicato romanzo ambientato a Lampedusa tra i giovani volontari che hanno realizzato un museo con gli oggetti lasciati o perduti dai profughi, e da Diana De Marchi, responsabile per i profughi del Comune di Milano che ha raccontato come nonostante tutto qui abbia funzionato la macchina dell’accoglienza.

Preoccupata la deputata Pia Locatelli, presidente della Fondazione Zaninoni, che ha chiesto per le donne un’accoglienza diretta e individuale, non legata alla famiglia o al marito come succede oggi. Donne alle quali si devono garantire diritti, ma che devono essere per legge preservate da pratiche che le umiliano, in uso in alcuni paesi di provenienza, come le mutilazioni genitali o i matrimoni precoci.

In questo contesto di genere, i media italiani brillano per la loro distanza. Tutte le relatrici sono state spesso interpellate sugli aspetti legati alle donne migranti da giornalisti di ogni nazionalità. Ma non da noi.


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