“Rai Sport a Locri perché il giornalismo sportivo deve illuminare i valori più puri e puliti”. Intervista a Carlo Paris

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Le ragazze dello Sporting Locri il 10 gennaio prossimo saranno in campo contro la Lazio. L’annuncio arriva dopo quello di dicembre scorso con cui il presidente della squadra a cinque femminile calabrese – dopo aver ricevuto delle minacce, in una situazione dai contorni ancora sfocati – decideva di ritirare le ragazze dal campionato di serie A. La vicenda aveva suscitato lo sdegno e l’indignazione del mondo dello sport, tanto da far sì che, in occasione della prima partita dopo lo stop natalizio, le ragazze tornassero a giocare. La partita contro la Lazio si disputerà proprio a Locri e ad assistere all’incontro sportivo un pubblico d’eccezione, quello delle telecamere di Rai Sport che trasmetteranno in diretta la partita. A spiegare ad Articolo21 il perché di questa iniziativa e l’importanza che si cela dietro scelte di questo spessore è il direttore di Rai Sport, il giornalista sportivo Carlo Paris.

È una scelta importante quella di trasmettere su Rai Sport 1 la partita Locri-Lazio. Perché?
Premesso che tutti i contorni di questa vicenda non sono ancora chiari, ci sono comunque delle vittime e sono queste ragazze. È soprattutto a loro che mi sto rivolgendo facendo questa cosa. Il fatto che le ragazze dello Sporting Locri tornino a giocare nel loro paese – quindi non in trasferta – è assolutamente importante e mi sembra giusto che a livello nazionale si sappia. Queste ragazze stanno giocando: c’è la paura, il buio del silenzio su queste cose – perché già è calato un po’ il silenzio sulla vicenda. Credo sia importante, invece, parlarne, continuare a parlarne, aldilà di quello che c’è dietro questa vicenda, perché – ripeto – non è chiaro. Il fatto che si possa strumentalizzare una squadra di calcio a cinque femminile, in Calabria, strumentalizzare il divertimento e la passione di queste ragazze ha fatto sì che io abbia detto che, intanto la partita la mandiamo su Rai Sport 1 in diretta, e poi ci colleghiamo anche con Novantesimo Minuto da Locri, raggiungendo così un pubblico di maggior ascolto; inoltre anche la Domenica Sportiva se ne occuperà. Lo abbiamo fatto in questa occasione, ma l’abbiamo fatto anche in tante altre circostanze. Ad esempio quando, sempre parlando di calcio femminile, l’allora presidente della Lega dilettanti si espresse con una serie di volgarità trucide parlando di “quattro lesbiche che giocano a calcio”: in quell’occasione io feci aprire tutte le trasmissioni del sabato e della domenica con il calcio femminile, come a dire “tu le tratti così, noi le trattiamo in quest’altro modo”. Stessa cosa avviene per fenomeni di razzismo. Forse non c’entra niente, ma è collegato a questo, perché si tratta di una questione di cultura: domenica c’è stato un giocatore di origine marocchino, ma italiano, del Bologna, serie A, che si è collegato con noi in diretta. È un ragazzo di una cultura notevole, legge, si documenta, e domenica scorsa si è portato dietro un libro di Alessandro Baricco. Siccome noi abbiamo in trasmissione un professore della Holden, la scuola di Alessandro Baricco, questo ragazzo ha letto in diretta un brando di Novecento di Baricco. Io mi sono commosso, perché penso che la cultura forse sia l’unico modo per abbattere divisioni, violenza e discriminazioni. Questo è quello che vorrei trasmettere dentro Rai Sport.

Il sindaco di locri ha detto «Serve un impegno straordinario per mantenere in vita lo Sporting Locri. Sta a tutti noi decidere se continuare o archiviare definitivamente la bella avventura di un gruppo di ragazze che si sono distinte per impegno sportivo». Quanto è importante il giornalismo in quest’ottica?
Il giornalismo è fondamentale, perché il nostro ruolo è quello. È nato di recente il sito Illuminare le periferie, perché è facile andare a parlare sempre dove ci sono i riflettori accesi: è troppo facile, ci vanno tutti. Andiamo, invece, dove questi riflettori non ci sono e accendiamo una candela, una lampadina lì. Ci sono storie meravigliose anche legate allo sport.

A tal proposito mi viene da pensare alla squadra di Quarto.
Lì io ci andai insieme alla nazionale italiana di Prandelli. Ti faccio un esempio – e non è demagogia – ma la nazionale di Prandelli (senza nulla togliere a questa) andò a Quarto, andò ad Auschwitz, andò dove c’erano situazioni particolari. La squadra sarebbe andata anche – lo stavamo organizzando insieme – anche a Lampedusa. Io a Lampedusa ho fatto due speciali, una volta con Claudio Baglioni. Anche da giornalista sportivo, se davvero lo si vuole, si trova lo spunto per affrontare queste tematiche. Anche Lampedusa, ad esempio, ha una sua squadra di calcio e questi ragazzi che arrivano con i barconi spesso hanno una maglietta di un giocatore. Questo ti fa capire che se lo sport riesce ad esprimere i suoi valori più puri, più puliti, più veri ha un grande significato ed è un grandissimo traino. Noi come giornalisti di quello dobbiamo parlare: non possiamo limitarci a parlare solo del 4-4-2 o di quello che dice questo o quel giocatore.

Lo sport è sicuramente un veicolo importantissimo, anche rispetto a quello che rappresenta per i giovani.
Non c’è dubbio. E – ripeto – ci sono tantissime storie nello sport che vanno raccontate. Noi abbiamo un giornalista, Luca Cardinalini, che ogni settimana va a cercare le storie più incredibili – e ne trova di meravigliose – tra il sociale e lo sport. Ne trova ogni domenica: lo sport tra i lavoratori che raccolgono i pomodori nel Sarno, tra i minatori del Sulcis, ma anche situazioni ancora più particolari. Bisogna sforzarsi e cercar queste storie, perché ci sono ed è giusto raccontarle.


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