Benvenuti nel futuro

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Cosa c’è di più moderno che comprare qualcosa, qualunque cosa, in qualsiasi momento con un click, meglio, un touch sull’ultimo modello di tablet o sullo smartphone più alla moda? Poco altro, credo. Quegli oggetti e quelle possibilità sono l’aspetto ormai riconosciuto della nostra modernità: sempre connessa, sempre raggiungibile, sempre disponibile, veloce, immediata, diretta.

Bene, dal grande magazzino simbolo di questa contemporaneità dell’acquisto compulsivo e perenne, Amazon, in un’inchiesta del New York Times, emerge una realtà fatta di turni da 80 ore settimanali, catapultandoci nella modernissima metà del XIX secolo, controlli continui, anche in bagno, per la realizzazione del Panopticon di Jeremy Bentham, e pratiche vessatorie al limite, quando va bene, della crudeltà, perché per concretizzare le previsioni di Michel Foucault, oltre che sorvegliare continuamente è necessario punire periodicamente. E quello del leader dello shopping online non è un caso isolato: sapevamo dei suicidi nelle fabbriche cinesi dove si realizzano i device all’avanguardia e delle pressioni, pardon, dei “suggerimenti” gentilmente esercitati per rimandare la gravidanza, anche con il congelamento degli ovuli, perché la vita va fermata davanti alle esigenze del capitale, sulle proprie dipendenti da alcuni dirigenti di Apple e Facebook.

Signori, benvenuti nel futuro, dove tutto è nuovo e quei segni di passatismo assurdo, come la rivendicazione delle 8 ore lavorative, il riconoscimento dei diritti e di un trattamento umano e non alienante sul luogo di lavoro, sono stati definitivamente banditi. Perché questo è il nuovismo realizzato, questo l’approdo della navigazione che riduce le tutele e pensa che lavorare una domenica in più, sopprimere una festività o eliminare un giorno di ferie, tutto sommato, non sia un problema, questo il fine a cui tendono tutte le politiche aziendali che, per ottimizzare la performance produttiva e soddisfare le esigenze del mercato e dei consumatori, comprimono i tempi che morti lo sono solo per il processo di produzione, ma che sono il segno dell’essere vivi dei produttori, dalla necessità d’una pausa per respirare a quella dell’andare al gabinetto.

Produrre, consumare, produrre, consumare… Ma non siete stanchi di questo vangelo monotono?


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