La “Buona Scuola”, dall’autonomia di Berlinguer passando per la riforma Gelmini

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Alla fine il Governo ha posto la questione di fiducia sulla “Buona Scuola”. Il testo riarticolato sotto forma di maxi-emendamento è arrivato in aula dopo il mancato accordo tra la maggioranza che chiedeva il ritiro dei quasi 2mila emendamenti presentati in commissione Istruzione e le opposizioni che chiedevano una reale discussione del testo, di qui la scelta di blindare il ddl presentando un maxi-emendamento e ponendo la fiducia. Il testo arrivato in Aula, pur accogliendo nelle modifiche parte delle richieste fatte dalle opposizioni, mantiene di fatto il suo impianto originale e soprattutto permetterà l’assunzione entro settembre di circa 100mila precari tra i vincitori del concorso 2012 e i precari inclusi nelle graduatorie ad esaurimento.

Come era già accaduto per le precedenti riforme, che i ministri di vari governi avevano di volta in volta presentato, anche questa si porta dietro un mare di critiche e polemiche e se per molti la “Buona Scuola” è il completamento della riforma voluta nel lontano 1997 dal Ministro di centrosinistra Luigi Berlinguer, per altri è il prosieguo dell’altrettanto contestatissima riforma voluta da Maria Stella Gelmini, ministro dell’Istruzione nell’ultimo Governo Berlusconi.

Uno dei punti maggiormente contestati dell’attuale riforma è il conferimento di più poteri al dirigente scolastico, il quale avrà la possibilità di scegliere e valutare i nuovi docenti. Con la “Buona Scuola” si andrebbe a completare parte della riforma scolastica dell’allora Ministro Berlinguer, il primo ad introdurre il concetto dell’autonomia scolastica. Solo in ambito locale si possono compiere scelte che meglio interpretano le esigenze di una comunità scolastica al fine di migliorare la qualità dell’offerta formativa, questo il principio ispiratore.

Una maggiore libertà affidata ai singoli senza nessun tipo di controllo, la critica mossa da molti. Oltre all’autonomia didattica e organizzativa di quella riforma si ricorda anche l’introduzione delle norme per la parità scolastica che di fatto parificavano gli istituti privati alla scuola pubblica. Per molti quella norma eludeva l’art. 33 della nostra Costituzione “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”, e determinava una riduzione delle risorse allocate nelle scuole pubbliche le uniche in grado di consentire il diritto all’istruzione per tutti. L’ex-Ministro Gelmini, commentando la “Buona Scuola”, ha più volte dichiarato che il merito, la valutazione, il raccordo scuola-impresa sono parole portate alla ribalta dal centrodestra e ora completamente sdoganate dal Premier Renzi.

Effettivamente con il premio per i migliori docenti, lo School Bonus, attraverso cui i privati potranno finanziare le scuole usufruendo di detrazioni fiscali, e l’incremento del rapporto scuola-lavoro, la riforma Giannini-Renzi richiama molti dei concetti della riforma Gelmini ma c’è da dire che se ne allontana decisamente per via delle assunzioni promesse.

A suo tempo, infatti, attraverso la reintroduzione del maestro unico nella scuola primaria e il riordino degli indirizzi della scuola superiore il Ministro Gelmini ridusse di molto il personale docente ritenuto non necessario.  E proprio le assunzioni promesse sono state il cavallo di troia della “Buona Scuola” come più volte dichiarato dalle opposizioni ma anche dai sindacati e dalle associazioni di studenti e genitori. Legare la stabilizzazione dei precari alla riforma dell’assetto scolastico è un modo per chiudere al dialogo e al confronto con chi da sempre chiede che su un tema come la scuola ci sia un maggiore ascolto delle istanze di coloro che la vivono quotidianamente e cioè studenti e insegnanti.

Vedremo nei prossimi giorni quando il testo tornerà per l’approvazione finale alla Camera se ci saranno sorprese o se sarà semplicemente un passaggio formale per cui la “Buona Scuola” diverrà legge.


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