Veglia d’armi. Caffè del 15

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Il mio Regno per l’Italicum. Corriere: “La minoranza Pd fa muro sull’Italicum. Renzi, avanti, non giochiamo a monopoli”. Repubblica: “La trincea dei ribelli Pd. Renzi, basta giochi”. Come Riccardo III di York  (le cui ossa, rinvenute di recente, sono state sepolte con grande evento mediatico), sconfitto nel campo di Bosworth ma non domo, offriva il suo regno per proseguire la battaglia, così Matteo Renzi confida alla retroscenista Meli: “se la legge non passa dovrò salire al Quirinale”. E poi, Matteo? E se Mattarella, com’è probabile, non accettasse di sciogliere le camere? E se anche si votasse con la proporzionale, non dovresti, pur vincitore, cercare alleati, comporre, mediare? E della tua strategia – delegare tutto al governo – cosa resterebbe ancora in piedi? I bluff ripetuti hanno il naso lungo di Pinocchio.

All’alba vincerò. È tuttavia probabile che “il principe ignoto” (Grillo gli ha tolto il nome!) alla fine conquisti il cuore di Turandot e strappi l’approvazione della sua legge elettorale. Perché è debole la posizione di Berlusconi che l’Italicum l’ha fatto passare al Senato. Perché M5S e Lega giocano a fare le opposizioni anti sistema e non si spenderanno per uno schieramento trasversale. Perchè i piccoli partiti di centro con lo sbarramento al 3% contano di poter tornare alla Camera. Perché quello che resta della ditta mostra un deficit incolmabile di cultura liberale: ieri una persona per bene mi ha detto che la legge “è comunque migliorata”, quando invece è peggiorata perché trasforma la nostra democrazia parlamentare in un premierato senza contrappesi. Persino D’Alimonte – la fonte è il manifesto – ha finalmente ammesso che con l’Italicum avremo l’elezione diretta del premier che si trascina dietro quella della Camera

La battaglia delle Ardenne, l’ultima sul fronte occidentale, voluta da Hitler per vendere cara la pelle e fiaccare quanto più possibile gli anglo-americani. Per Stefano Folli, Corriere, somiglia a quella battaglia la resistenza delle minoranze PD. Renzi è destinato a vincere ma “rischia di ritrovarsi via via più solo, prigioniero di se stesso e sempre più bisognoso di un rapporto diretto con la massa degli elettori. È la radice del populismo, in formato tecnologico e multimediale”. Massimo Franco, Repubblica, teme che il continuo braccio di ferro con le minoranze, causi alle regionali una più forte disaffezione per le urne e per il PD: “Il rischio vero è quello della scissione tra l’elettorato e chi non è in grado di offrirgli una scelta degna di questo nome. Sarebbe la premessa di una pericolosa democrazia con sempre meno popolo”

Todos Caballeros. Berlusconi, pena estinta. Il Giornale euforico scrive: “Berlusconi libero, Renzi no”. La corte di Strasburgo contesta la condanna di Contrada per “concorso esterno”. Ora spera pure Dell’Utri. Il tribunale di Napoli conferma le accuse di Woodcock ma gli toglie l’inchiesta sulle Coop, la competenza è di Bologna. Fatti diversi ma sintomo che non ci salverà la supplenza delle toghe.

In carcere, no? Un Carneade, pare che si chiami Fabio Tortosa, ha scritto che mille volte rifarebbe cià che fece nella scuola Diaz. Applausi in rete. Prevedibile, inevitabile: sui fatti della Diaz e di Bolzaneto cadde l’omertà di stato. I colpevoli, di governo e di polizia, stesero un velo nè consegnarono ai magistrati la lista di chi partecipò alla “macelleria messicana”. Tolleranza e complicità possono convincere un Conte Tacchia a vendicarsi sulla giustizia sparando in tribunale, e un fascistello in divisa che torturare non è reato. Anzi merita una medaglia

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