Fine vita ed eutanasia, lezioni di civiltà da Parigi e Amsterdam. Quando se ne discuterà in Italia?

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A Parigi passa in Commissione all’Assemblea dei deputati la proposta di legge firmata dal socialista Alain Claeys e dal centrista Jean Leonetti sul “fine vita”, e sarà discussa in Aula tra il 10 e l’11 marzo. La proposta di legge mette al centro il “diritto di ogni paziente alla sedazione profonda e continua fino alla morte”. Inoltre, è passato un emendamento dei socialisti che consente ai pazienti che lo vogliano di beneficiare di una sedazione profonda al proprio domicilio, “nel proprio letto”. I medici francesi, dunque, se questa legge dovesse passare anche in Aula, avranno l’obbligo di informare i pazienti “della possibilità e delle condizioni della redazione delle volontà anticipate”. Un altro importante emendamento socialista, presentato e poi ritirato per essere ripresentato in Aula, introduce “l’aiuto medico attivo per il fine vita, nella dignità”.

La ricerca olandese

In Olanda, un medico su cinque si dichiara disponibile ad intervenire in aiuto di chiunque chieda di morire, anche se non avesse problemi di natura fisica, ma fosse solo “stanco di vivere”. È quanto emerge da una ricerca accademica pubblicata dal Journal of Medical Ethics, la più esaustiva del suo genere. Alla ricerca hanno partecipato circa 1500 medici, tra geriatri e clinici di varie specializzazioni, e una trentina hanno risposto affermativamente di aver partecipato almeno una volta ad esperienze di eutanasia o di suicidio assistito, per quanto ciò sia ancora vietato dalla giurisprudenza olandese. Il 40% dei medici intervistati, con procedure di ricerca che mantengono l’anonimato più rigoroso, ha sostenuto di aver aiutato persone ammalate di demenza a morire con dignità, mentre il 3% di loro ha anche praticato l’eutanasia. Un terzo dei medici olandesi è disponibile ad assistere persone affette da patologie psichiatriche che intendano porre fine alla loro vita. L’Olanda si conferma come un paese dall’approccio tra i più liberali verso l’eutanasia e la morte assistita. La pratica era stata di fatto depenalizzata quando ai medici era stato concesso di difendersi nei tribunali facendo ricorso allo stato di necessità, affermando che fosse loro dovere intervenire sulle immense sofferenze determinate dalla scelta di preservare in vita un paziente. Questa scelta venne codificata nel 2002, e prevede sei precondizioni, una delle quali è appunto “la sofferenza insostenibile senza prospettive di miglioramento”. La legge olandese non specifica che questo genere di sofferenze debba necessariamente essere di natura fisica. Tuttavia, la Corte Suprema ha deciso che la valutazione sulla misura della sofferenza debba essere esclusivamente medica. Infine, tornando alla ricerca del Journal of Medical Ethics, si scopre che il 18% dei medici olandesi pensa che sia lecito aiutare a morire chiunque sia semplicemente “stanco di vivere” e non abbia alcuna patologia fisica. Mentre si sale al 27% dei medici che aiuterebbero a morire chiunque abbia una patologia medica, ma non tanto grave da essere considerata terminale.

Eva Bolt, della VU University di Amsterdam e capo dei ricercatori, ha affermato che i medici che intendano aiutare a morire le persone prive di problemi fisici, in realtà, violerebbero la legge olandese. Tuttavia, ha aggiunto, ciò non significa che quel 2% che ha confessato di averlo fatto abbia commesso un crimine: “è difficile dirlo – ma è possibile che questi siano medici che hanno effettuato una eutanasia anni fa, quando non vi era alcuna legge, così che non si può dire che abbiano violato la legge”. In Olanda, il numero di coloro che hanno tratto vantaggio dalla morte assistita è cresciuto considerevolmente dal 2002. Nel 2013, l’ultimo anno di cui si hanno dati certi, 4.829 persone hanno scelto forme di morte assistita da parte di un medico.

I medici olandesi: dobbiamo parlarne. Gli italiani? Vige il bavaglio imposto dal Vaticano

La conclusione del rapporto olandese è che un altissimo numero di medici hanno sottolineato estremo interesse verso questo delicatissimo argomento: “Moltissimi medici ritengono che si tratti di qualcosa di cui si debba parlare ed essi vogliono rendere pubblica la loro opinione”.

Come si vede, la differenza con la situazione italiana è abissale, soprattutto se consideriamo che oltre a Francia e Olanda, diversi altri Paesi hanno legiferato in materia di “fine vita”, come il Belgio, la Svizzera o la Germania. L’Italia non ha ancora una regolamentazione giuridica, forse perché ancora pesano gli ostruzionismi del Vaticano. Fu infatti il cardinal Bagnasco, non molto tempo fa, a definire i caratteri di una legge sul “testamento biologico”, scandendo in maniera del tutto ipocrita, e di fatto, incostituzionale, che per i malati terminali, l’idratazione e l’alimentazione non sono forme terapeutiche, e dunque vanno somministrate al di là delle dichiarazioni e delle volontà del paziente. E non solo. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana si è anche lanciato a consigli del tipo “evitare forme mascherate di eutanasia”, come se quest’ultima fosse un male in sé e non invece il diritto inalienabile della persona umana, e del medico, di scegliere come morire. Cambiano i governi, cambiano i presidenti della Repubblica, stanno cambiando la Costituzione, ma ciò che in Italia resta ferma è quella pervicace volontà di alcune forze politiche e sociali e religiose di impedire il pieno dispiegamento della laicità dello Stato. Almeno in materia di morte assistita, in Italia vige e impera il principio hegeliano dello “Stato etico”, ovvero, di quello Stato arrogante che decide per me e per chiunque cosa sia bene e cosa sia male, perfino in fatto di morte.

Pino Salerno

Da jobsnews.it


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