Come eravamo… in musical. “C’è qualche cosa in te…”   di Enrico Montesano

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con Enrico Montesano e con Ylenia Oliviero, Michele Enrico Montesano, Marco Valerio Montesano  Coreografie di Manolo Casalino Scenografie di Gaetano Castelli      Musiche originali di Renato Serio   Brani storici di Claudio Mattone, Gorni Kramer, Renato Rascel, Armando Trovajoli, Pietro Garinei e Sandro Giovannini.  Roma, Teatro Sistina  (con ripresa autunnale)

Così ridevamo, così abbiamo riso, così non torneremo più né a ridere né a sorridere.   Enucleando , su  onde di memoria,  il   senso e   la storia del teatro musicale italiano: dai suoi prodromi di cafè chantant (gustosamente partenopeo, tra golfo e vecchio pino da cartolina- ma di importazione francese) sino al tramonto di Sistina e Bagaglino,  vivai senza rivali di talenti comico-poliedrici e fucina di produzioni costanti e fescennine,  lungo  gli struggenti capitoli dell’avanspettacolo e del teatro di rivista (secondo Dapporto e Macario).

Cronache  del teatro musicale come storia del costume  e dell’umorismo nazional-popolare, dalle ‘grandi speranze’ del dopoguerra  al freddo intirizzito della ‘seconda repubblica’ peggiore della prima. Sentimenti semplici contro sentimenti ‘liquidi’ e macilenti, cerebrali e decerebrati al contempo; dallo scanzonato ‘canta che ti passa’ all’evergreen   del  ‘c’è poco da cantare e cantarsela’. Come le messe ‘senza soldi’, bigie e sordomute.

L’apogeo della musica ‘per sognare’ ,   la  sua lieve  contaminazione con la realtà edulcorata nelle serate televisive di “Canzonissima” e “StudioUno”, con l’antropologia dell’italiano medio-  piccolo borghese, già frastornato da emulazione consumista, si interruppero – negli anni ottanta-  con l’esiziale avvento delle serate  al  Biscione,  i suoi  stucchevoli “drive in”, “colpi grossi” e “paperissime”, acme della stupidità narcotica e stagnante dinanzi al tubo catodico- e  la morte di  protagonisti storici come Bramieri, Rascel, Walter Chiari, Modugno. Dei quali solo Proietti, Montesano e il promettente Brignano- in più sporadiche, occasionali reviviscenze -hanno raccolto un’ eredità che è, al contempo, anacronistica e devozionale, nostalgica e divulgativa- rispetto ad un pubblico di under 50 che non capisce nemmeno di cosa parliamo.

Lacuna  ben colmabile per chi avesse voglia (ed opportunità) di ritrovare proprio l’Enrico Montesano dei tempi migliori (quelli di “Rugantino” e “Conte Tacchia”) in “C’è qualche cosa in te…”,    gradevolissima passeggiata fra i brani più belli della commedia musicale italiana, esplicitamente concepita per  celebrare grandi artisti di un passato recente-remoto. Ove si ridisegna  quel certo tipo d’Italietta  che   si affanna e percuote alla ricerca del guadagno facile,  “quel maledetto Stivalone  dove tutto ha un prezzo, tutto può essere comprato a tal punto che…le banconote asciugano le lacrime meglio di un fazzoletto”.

Condiscendenza di piccole  magie evocative (per noi  melanconiche) che trovano  perfetta ragion d’essere  in un vecchio deposito di costumi di scena, di cui è custode il Montesano,  ‘cultore’ dei propri maestri, tal Nando Ciavatta,  ultimo testimone di un periodo che fu d’oro per il teatro.        Arroccato nell’edificio, privo   di ogni contatto con il mondo esterno e inebriato dalla storia racchiusa in ogni singolo costume di scena, l’uomo passa le giornate a prendersi cura del ‘suo’ straordinario guardaroba e, indossando di volta in volta un vestito diverso, come a rivivere i fragili incantesimi  di perdute stagioni  che  scatevarono la complicità di un pubblico pagante e di bocca buona .

Il tutto si infrangerà il giorno in cui una  holding  senza scrupoli busserà  alla sua porta esibendo un documento di sfratto: tutto l’edificio sarà raso al suolo perché  al suo posto sorgerà l’immancabile, remunerativo, saprofita  Centro Commerciale dove parcheggiare anziani e bambini il fine settimana (a rincitrullirsi).    Dalla sala, e nel frattempo, avremo avuto modo di riassaporare refrain giovanili del “Sistina Story” tratti di volta in volta da titoli d’  ‘antan’  quali “Un paio d’ali”, “Buonanotte Bettina”, “Un mandarino per Teo”, “La padrona di raggio di luna”, “Il giorno della tartaruga”, l’immarcescibile “Rugantino” (e quant’ altro ci sfugge)su ‘adescante’ pentagramma  ascrivibile alla genialità artigianale dei vari Kramer, Rascel, Trovajoli, Claudio Mattone, Pietro Garinei e Sandro Giovannini.     Elogio meritato e collettivo per l’eccellente compagnia di giovani che   asseconda il protagonista, imparando e impreziosendo, di replica in replica, il proprio innato, multiforme talento di commedianti a tutto tondo. Con predisposizione al canto, alla recitazione caustico- briosa, alla danza leggera.


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