Che cosa dirà ai giudici il Capo dello Stato?

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L’opinione pubblica saprà qualcosa di più su quello che è successo nel ’92-93, attraverso la deposizione che domani dovrà fare al Quirinale ai giudici della corte di Assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto? O il presidente della Repubblica, che rimane in qualche modo dotato delle prerogative eccezionali di cui, nel nostro ordinamento costituzionali, è dotata soltanto la sua figura di Capo dello Stato, si limiterà a rispondere esclusivamente alle domande che si riferiscono al contenuto della lettera che l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, successivamente scomparso, scrisse a Giorgio Napolitano proprio sul periodo 1989-93? D’Ambrosio scrisse al Presidente rispetto ai rapporti che aveva intrattenuto con l’ex presidente del Senato ed ex vice-presidente del CSM, Nicola Mancino, imputato per falsa testimonianza nel processo come l’ex ministro Calogero Mannino.

“In quelle poche pagine-scrisse allora  D’Ambrosio-non ho esitato a fare cenno a episodi del periodo  1989-1993 che mi preoccupano e fanno riflettere; che mi hanno portato a enucleare ipotesi, solo ipotesi-di cui ho detto anche ad altri, quasi preso anche   dal timore, di cui ho detto anche ad altri, di essere  stato allora considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi.”

Tutto è nato dal fatto che il SISMI, i servizi  che si occupano della sicurezza interna, hanno acquisito le note riservate  del consigliere D’Ambrosio del  29 luglio e del 20 agosto 1993 e proprio da quelle note, a quanto pare e da altri aspetti particolari, sarebbe partita  l’indagine che ha portato al processo che si sta celebrando nell’ex capitale siciliana, come del resto ha chiarito ulteriormente un articolo di Antonio Ingroia,  allora nella Procura palermitana.

Il fatto è che la deposizione del presidente avrà luogo domani proprio all’indomani della grande manifesta

zione della CGIL a Roma e dei quattro giorni della quinta edizione della Leopolda a Firenze che si è conclusa con un attacco del presidente del Consiglio e segretario dei democratici Matteo Renzi che ha risposto con veemenza a quelli che, nel PD, hanno disertato quell’appuntamento e hanno preferito partecipare a quello guidato dalla Segretaria generale del Sindacato Susanna Camusso.

Ora, senza nessuna intenzione di voler esagerare la portata  del contrasto tra Renzi e la parte del partito che si ritrova più vicino a Bersani ma anche a Damiano, Fassina e Civati e non per precedenti comunisti(chi scrive non lo è mai stato, né fuori né dentro il parlamento, vedendo piuttosto in Gobetti e Rosselli i suoi sicuri punti di riferimento ideale) non sono io soltanto a scrivere che la riforma del lavoro contenuta nel Jobs Act é discutibile e che-lo scrive oggi su un quotidiano  Ilvo Diamanti ( con il quale mi trovo spesso d’accordo- “tra coloro che hanno sfilato contro il governo e contro Renzi vi sono molti elettori del PD. E, comunque, molti elettori del Partito democratico ne condividono la posizione.

Possiamo tentare, con qualche approssimazione, di stimarne il peso elettorale secondo le stime recenti (la base è il recente rapporto dell’Osservatorio elettorale Demos del 2014) concentrandoci su quelli che esprimono molta o moltissima fiducia nella CGIL. Fra gli elettori del PD sono circa il 25 per cento. Cioè se facciamo riferimento alle ultime elezioni europee del 2013 sono circa il dieci per cento del voto. Appare quindi azzardato-come ha fatto Renzi ieri- trattare questa componente come se fosse estranea ed esterna” E aggiunge alla fine Diamanti(e anche su questa valutazione mi trovo d’accordo) che se è varo che gli iscritti al sindacato sono, per la maggior parte, pensionati e lavoratori  anziani, è altrettanto vero che proprio questi settori alle ultime elezioni (sia politiche che europee) hanno costituito lo zoccolo duro del voto ai Democratici.

Mi convince-devo sottolinearlo-anche l’ultima osservazione di Diamanti: se il PD di Renzi ha superato il quaranta per cento non è perché ha abolito il passato-come ha detto ieri-ma perché lo ha incanalato nel suo progetto. Non è il caso in generale di dar consigli nel nostro Paese ma se dovessi darne in questa occasione come elettore del Partito democratico direi

1) al Presidente Napolitano di dire quello che sa sui tentativi di trattativa che ci furono di sicuro nel ’92-93(lo scrissi io allora sull’Unità);
2)al segretario Renzi di tener più conto delle obiezioni che vengono proprio oggi dai lavoratori italiani.


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