In fondo al mare ci sono già ventimila vittime della emigrazione

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Seguo in televisione (le immagini sono terribili come quelle della notte scorsa in cui su un barcone dalla Libia di 630 persone una trentina di migranti schiacciati nella stiva sono morti di asfissia perché lo spazio che li conteneva era troppo piccolo per consentire a tutti di respirare!) il cataclisma europeo che rischia di portarci indietro al diciannovesimo secolo, o ancora più indietro, quando ad emigrare erano i nostri antenati come è avvenuto nella prima metà di quel secolo verso le Americhe e l’Australia a cercare lavoro. Né possiamo illuderci che il nuovo presidente della Commissione, il lussemburghese  Juncker  possa, con la sua buona  volontà, e magari d’accordo con il presidente della parlamento europeo, quel tedesco Schulz che l’uomo di Arcore aveva avuto il coraggio di apostrofare con l’epiteto di kapò  risolvere un problema che nel vecchio continente rischia nelle prossime settimane di esplodere e che richiede, per aver  successo, di essere affrontato nello stesso tempo dal governo e dal parla mento europeo ma anche quello dei singoli paesi e in primo luogo dal nostro, vista la posizione di porta dell’Europa che di fatto costituisce la nostra posizione, terra di sbarco e di passaggio per i giovani che cercano successivamente un paese disposto, e disponibile  più di noi, ad accoglierli e a inserirli in un processo attivo, in un lavoro, in un’attività che consenta loro di non tornare indietro e magari di far nascere una famiglia nel paese che li accoglie.

Noi invece, e la cosa non riguarda noi italiani in generale, ma il nostro attuale governo, presi certo da una situazione difficile sul piano economico, sociale e culturale, ci limitiamo a  raccoglierci, grazie alle unità della marina militare che si stanno prodigando in Sicilia,riscattando -ricorda qualcuno-  il disonore dei respingimenti compiuti quando la destra populista era al potere. Ma siamo un paese che si dimostra poco disposto ad aggiornare le sue leggi sull’immigrazione e ad eludere (il nostro capo del governo è un mago dell’elusione!) i problemi che possono dividere una opinione pubblica sempre più divisa di fronte ai sacrifici che le vengono richiesti e a guardare soltanto quello che avverrà domani. Eppure basta dare uno sguardo alle statistiche e ai dati per rendersi conto che non si può far finta che i problemi non esistono. Son proprio le statistiche sull’emigrazione che ci dicono questo.

Un quotidiano romano ha ricordato oggi che, secondo l’ultimo rapporto Globaltrends dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i profughi, il numero dei profughi ha superato nel 2013 il 50 milioni di profughi, raggiungendo il numero incredibile di 51,2 milioni di persone. E, per quanto riguarda in particolare il nostro Paese noi abbiamo già 5,1 milioni di stranieri che vivono in Italia e dall’inizio del 2014 ne sono già sbarcati 2.100. Se la perecentuale  di decessi si manterrà sulle quantità registrati nei mesi dalla primavera ad oggi potremmo arrivare senza difficoltà a più di mille morti.  Si può continuare a far finta di nulla come ha fatto il governo italiano fino ad oggi ? Se la Libia è in mano ai signori della guerra e protegge il traffico di esseri umani come degli stupefacenti, noi e l’Europa possiamo continuare a far nulla o quasi niente? E’ l’interrogativo che tutti, a cominciare dall’esecutivo e dal parlamento, dovremmo porci e non da domani. Dal 10 luglio il presidente Renzi presiede per sei mesi l’Unione Europea. C’è da chiedersi cosa aspettiamo a formulare un piano preciso in questo campo che preveda subito traghetti ,mutuo riconoscimento delle domande di asilo, monitoraggio europeo comune ed equo riconoscimento.  In fondo al mare ci sono già ventimila vittime dell’emigrazione.

Se non agiremo subito in questa direzione, ci accolleremo  pesanti responsabilità di fronte al mondo come ai nostri figli e nipoti.


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