La responsabilità dei giudici e l’irresponsabilità del voto segreto

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Gentile Augias,
i corrotti non vogliono né una magistratura efficiente, né processi rapidi.
E quando si sentono troppo scoperti, mandano segnali ai loro referenti in Parlamento, affinché si approvi qualche provvedimento che inceppi la legalità. L’ultimo caso è l’emendamento leghista – con appoggio berlusconiano, cripto-pidino  e astensione pilatesca grillina – che attribuisce una responsabilità personale ai giudici, in aggiunta ai casi già previsti dalla legge di dolo e colpa grave.
In sostanza, viene introdotta la “presunzione di incompetenza” per ogni magistrato, che dovrà dimostrare il contrario nelle cause che il condannato di turno gli intenterà, per vendicarsi della sentenza sfavorevole patita.
Una pacchia per gli avvocati famosi di clienti famosi residenti nei resort del garantismo; un disastro per la legalità.
Ormai strenuamente difesa solo dalla magistratura e dall’opinione pubblica che la sostiene nella lotta alla corruzione.
Ma l’incidente parlamentare dei franchi tiratori del PD ha mostrato un altro problema del funzionamento della democrazia: l’abuso del voto segreto.
Tranne rarissimi casi, il voto in Parlamento dovrebbe essere sempre palese, ma nel tempo i regolamenti si sono fatti sempre più permissivi per rendere irresponsabili i politici. Ogni deputato o sentore deve rispondere difronte al Paese delle scelte che opera, proprio in omaggio alla libertà del vincolo di mandato che gli garantisce la Costituzione (art. 67).
Se rappresenta la Nazione, deve informare la Nazione con trasparenza.
Responsabilità politica e legalità si sostengono a vicenda.
Perché se manca una, manca anche l’altra.

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