L’Expo e la nuova Tangentopoli

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In Italia ancora qualcuno, non a caso,  sostiene- anche su media di grande importanza – che nulla può farci parlare di una nuova “tangentopoli” ma basta quel che scrivono oggi tre giornali – il compassato Corriere della Sera, la scoppiettante Repubblica  e l’Unità ridotta ormai a non troppe migliaia di copie-per rendersi conto leggendo gli articoli dedicati a due vicende che siamo immersi proprio come nel ’92-93 in nuova storia tra le peggiori  vissute negli ultimi trent’anni.

Del resto, non mi pare di essere l’unico a scrivere, nei miei articoli ma anche nei miei libri di storia, che viviamo un periodo difficile di forte degrado di pezzi rilevanti della classe politica e dirigente. E’ sensazione comune  e basta andare in autobus o in metropolitana  per sentirlo. Mi riferisco, come si può immaginare alla “cupola”(come han no scritto i quotidiani  che ne hanno parlato ieri e ne riparlano oggi) che ha governato fino ad oggi i lavori all’EXPO  di Milano. E all’inchiesta che ha portato direttamente nel carcere di Regina Coeli l’ex ministro dell’Interno e capo del PDL di Ponente, come sognava anni fa.

Le motivazioni che il procuratore  di Reggio Calabria Federico Cafiero de  Raho, il sostituto  Giuseppe Lombardo e il pubblico ministero nazionale  Francesco Curcio hanno premesso all’arresto dell’ex ministro sono di   eloquenti :”le risultanze investigative costituiscono  uno spaccato di drammatica portata, in grado di enfatizzare  la gravità “politica” del comportamento penalmente rilevante consumato da Scajola, il cui disvalore  aumenta a dismisura proprio nel momento in cui lo si mette al delitto di concorso esterno in associazione di tipo mafioso messo in opera da  Matacena, da considerare la manifesta zione socio-criminale più pericolosa per uno Stato di diritto che un ex parlamentare ed ex ministro dell’Interno dovrebbe avversare con tutte le sue forze e che, invece ,in modo consapevole, sostiene, agevola, rafforza”. La traduzione diretta in carcere è stata richiesta per due motivi: “Da un lato l’obiettiva gravità dei fatti reato e, dall’altro, l’evidente per pericolosità  sociale dei prevenuti , quali risultano dall’estremo  allarme riconnesso a condotte delittuose poste in essere un modo programmato.” Questo, continua il documento: “Non solo  è essenziale alla conservazione e al rafforzamento della capacità di intimidazione che deriva  dal vincolo associativo che caratterizza l’organizzazione di tipo mafioso a favore della quale il contributo consapevole di Matacena  è  stato prestato ma  si pone come ineludibile passaggio al fine di evitare o, comunque, arginare l’espansione in ambienti criminali  di tipo mafioso, potenzialmente in grado di condizionare in modo irreversibile tali ambiti decisionali e operativi.” Peraltro nelle carte dell’inchiesta chiamata “la Svolta ” emerge un rapporto diretto con un boss della riviera di Ponente (tra Savona e Ventimiglia) delle ‘ndrine  locali ,Giuseppe  Marcianò, che ha per così dire aiutato un protetto di Scajola  a diventare candidato e poi sindaco del paese di Villacrosia.  Marcianò è ritenuto il capo locale della ‘ndrangheta e tra le sue mani sono passati appalti sulla Sanità, sulle costruzioni, sul movimento terra, da sempre settore privilegiato  negli affari condotti dal l’associazione mafiosa calabrese. Negli archivi di Scajola trova ti dagli inquirenti ci sono migliaia di documenti che riguarda no politici e imprenditori e favori che in un modo o nell’altro riguardano il politico di Imperia. Del resto  sono noti i suoi rapporti con personaggi di un certo peso come il costruttore Anemone(quello che gli pagò l’appartamento con vista sul Colosseo, il costruttore Bellavista Caltagirone per lavori nel porto di Imperia e il cognato del ministro, Piero Isnardi, capo di un’azienda produttrice  di olio e consigliere della Cassa di Risparmio di Genova.  Se dalla torbida inchiesta avvolta intorno alla figura dell’ex ministro si passa a quella in corso sugli appalti  dell’Expo milanese, le cose non migliorano  affatto e, con ogni probabilità, la torta più grande e corposa riguarda quelli che attengono alla Sanità Si tratta, per comprendere le dimensioni,  di una torta di 11 miliardi euro  visto che il settore pesa per quasi 18 miliardi nel bilancio regionale del 2014 ,una cifra che vale oltre un punto del PIL nazionale, pari al budget di spesa della Difesa per il 2013. E implicati a fondo nell’inchiesta appaiono, con l’intermediazione dell’ex segretario della DC Frigerio e dell’ex compagno G, Primo Greganti, una pluralità di aziende ospedaliere   lombarde e quindi il faccendiere Pierangelo Daccò,  amico dell’ex presidente Formigoni e Claudio Lavorato presidente di Manutecoop, la cooperativa rossa interessata all’appalto di 450 milioni per la Città della Salute. Secondo una logica di spartizione sperimentata in Italia prima dell’inchiesta cosiddetta Mani Pulite del ’92-93 e successivamente a distanza di oltre vent’anni. Ora i personaggi implicati, i ruoli che ricoprono come le dimensioni degli affari confermano che siamo di fronte a una nuova, per certi aspetti, persino peggiore  tangentopoli a Roma e a Milano, cioè nelle due capitali economiche e politiche del Paese.               


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