Un crogiolo di etnie nella tratta di esseri umani

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di Piero Innocenti

Recentemente, facendo alcune considerazioni sul traffico di esseri umani e, più in generale, sull’immigrazione clandestina, ho cercato di evidenziare i giganteschi spread di benessere che separano i paesi poveri da quelli ricchi senza il cui abbattimento sarà una mera illusione pensare di debellare le organizzazioni criminali interessate a questi fenomeni criminali. Questo, naturalmente, non vuol dire che l’azione di repressione debba allentarsi o ritirarsi. Tutt’altro. E le operazioni di polizia condotte negli ultimi cinque anni ( oltre cento quelle di un certo rilievo) dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, stanno lì a ricordarlo. L’ultima, poco più di un mese fa, condotta dai Carabinieri, a Roma e in altre città, ha portato in carcere trenta nigeriani e tre albanesi. L’accusa è di associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzata alla tratta di persone (giovani donne africane), riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, traffico di stupefacenti, riciclaggio. Sequestrate anche tre società, beni mobili e immobili e conti bancari per oltre un milione di euro. Si tratta di indagini, lo abbiamo detto in più circostanze, lunghe, complesse che interessano quasi sempre diversi paesi con i quali la cooperazione di polizia e della giustizia non è sempre soddisfacente. Tra il contrabbando di persone (smuggling of migrants) e la tratta (trafficking of human beings), il confine è labile e, talvolta, accade che chi si è affidato alla organizzazione per il “viaggio” venga, poi, inserito in un circuito criminale per pagare il debito contratto durante il viaggio oppure perché è senza documenti o senza punti di riferimento nel nuovo paese ed è facilmente reclutabile per compiere reati. Senza contare le molteplici forme di violenza (sessuale, lavorativa,accattonaggio) a cui si è esposti. Spesso queste organizzazioni criminali svolgono sia le attività di contrabbando che la tratta.

Le bande che gestiscono il traffico di migranti sono in grado di “lavorare in rete” creando nei singoli paesi di transito e di destinazione cellule snelle e specializzate. Le carenze legislative in molti paesi di provenienza e di transito, la scarsa e, comunque, difficile collaborazione internazionale,forze di sicurezza non sempre idonee a contrastare questa criminalità, la complicità di spezzoni istituzionali, hanno consentito l’accumulo di straordinari profitti per queste organizzazioni criminali. Con gli italiani, spesso coinvolti nei traffici con persone di altre nazionalità, di particolare pericolosità troviamo i gruppi romeni, nigeriani e albanesi. In questo senso anche l’interessante rapporto sulla tratta degli esseri umani del Dipartimento della Pubblica Sicurezza (2014). Sulla scorta di indagini di polizia giudiziaria sono proprio i romeni ad “esprimere” una delle minacce più rilevanti tra le criminalità allogene dello scenario italiano..”, con particolare riferimento al delitto di riduzione in schiavitù di giovani donne connazionali e non (spesso minorenni), immesse nel mercato della prostituzione e sottoposte a sevizie e violenze sessuali. I gruppi criminali romeni, in generale autonomi e senza una rigida gerarchia interna, talvolta si associano anche a gruppi di altre etnie (albanesi e italiani) ma limitatamente a “interessi” e affari temporanei. Nel contesto della prostituzione i romeni esercitano un incisivo controllo del territorio urbano ( la zona è considerata un vero e proprio “posto di lavoro”) dove, per esercitare il meretricio non sono tollerate presenze “estranee” se non dietro il pagamento di una tangente.

La criminalità nigeriana, è dominante nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nella tratta finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, ambiti in cui un ruolo fondamentale, come noto, è svolto dalle donne a partire dal reclutamento nel villaggio di origine, alla fornitura di documenti falsi, alla collocazione nelle diverse città per prostituirsi. Minacce di riti magici e di ritorsioni nei confronti dei familiari rimasti in Nigeria, sono la costante di tali assoggettamenti svolti dalla “madame” (ruolo che si sta delineando anche con le donne romene). Il ”debito” contratto dalle giovani donne per riscattarsi dalla organizzazione può oscillare dai trentamila ai settanta mila euro. Ci vogliono anni per estinguerlo! Tenuto conto delle migliaia di donne nigeriane presenti in Italia in questo stato, si può ben comprendere la montagna di denaro che si ricava da questo miserabile sfruttamento. I sodalizi albanesi, nuclei ben strutturati e noti per una spregiudicatezza notevole, sfruttano il forte senso di appartenenza alla loro comunità adottando metodologie operative anche complesse e paragonabili a quelle mafiose. Rapporti di affari nel traffico di persone sono sviluppati anche con gruppi romeni, italiani e magrebini con cui si realizzano persino “scambi di favori” come la compra vendita di donne da sfruttare. Nel panorama criminale della tratta, non mancano soggetti serbo-montenegrini, croati e kosovari, ai quali si sono aggiunti, negli ultimi anni, elementi bulgari interessati al business della prostituzione. Nel vasto fenomeno delle migrazioni forzate verso l’Italia che continua ad interessare molti paesi africani, sono emerse “associazioni” multietniche composte da marocchini,italiani, egiziani e tunisini. Altri, sporadici, episodi hanno visto il coinvolgimento di indiani, pakistani, macedoni, liberiani, ivoriani. Un melting pot criminale straordinario che si arricchisce sempre di più sulla pelle di decine di migliaia di persone ignobilmente sfruttate.

Da liberainformazione.org


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