Sara Tramma: “bisogna investire sul patrimonio musicale”

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Poliedrica vocalist Sara Tramma prosegue con un suo percorso artistico da solista, e questa volta lo fa con un progetto tutto nuovo e innovativo intitolato “NapoliEvolotion” che nasce dalla fantasia e sensibilità di un’interprete da sempre vicine alla tradizione mediterranea e al teatro dei grandi autori. Ha iniziato la sua carriera artistica nel 1995 nei Musicanova di Eugenio Bennato, e poi ha collaborato con Alfio Antico, Carlo D’Angiò, Patrizio Trampetti, Mimmo Epifani, Edoardo Bennnato, Lino Cannavacciuolo, Enzo Gragnaniello, Tony Esposito e Carlo Faiello. A teatro invece si è trovata al fianco di Massimo Ranieri e Roberto De Simone. La raggiungiamo telefonicamente per parlare di musica, ma non solo visto che il prossimo 5 gennaio sarà protagonista di un concerto all’Up Stoke di Napoli.

Il tuo concerto è intitolato “Napoli Evolution”, questo perché Napoli ha bisogno di un’evoluzione o questo titolo nasconde dell’altro?
“Napoli Evolution” nasce poco più di un anno fa, quando durante il percorso della mia carriera mi sono scoperta anche autrice. Infatti questo lavoro comprende tutti pezzi inediti scritti da me e quindi l’evoluzione riguarda prima me stessa. Poi c’è anche Napoli una città in continua evoluzione, in crescita al di là di tutti i suoi problemi. Per me, poi, Napoli Evolution più che un progetto è un vero e proprio sentimento.

Cosa vuol dire fare musica a Napoli?
Si tratta di un’esperienza di vita e professionale veramente unica, perché le idee da cui si può partire sono molteplici. Però fare musica in questa città è anche abbastanza difficile.

Perché?
Faccio una premessa.

Quale?
“Napoli Evolution” è anche un cd auto prodotto da me, un lavoro rimasto, però, semplicemente un demo.

Come mai?
Sono alla ricerca di un’etichetta, di una casa discografica, così come si chiamavano un tempo, che voglia investire in questo progetto. Ma questa è una problematica che oramai caratterizza tutto il nostro Paese.

C’è qualche colpa specifica?
Innanzitutto paura di investire in veri e propri progetti musicali. Noi artisti viviamo, proprio come accade a tante categorie sociali, anni difficili dove le etichette musicali per incidere dischi chiedono soldi. Ma questo è un problema che contraddistingue tutto il nostro Paese. E poi gran parte del mercato è orientato ad investire esclusivamente sul prodotto televisivo, su quei ragazzi che provengono dai format tv. Tutto questo però va in contraddizione con la musica, una disciplina che racconta tanto lasciando una traccia indelebile. Tra qualche anno nessuno si ricorderà più dei ragazzi passati da questi format così come continuiamo a fare con De Andrè o Battisti, solo per citarne alcuni.

Alcuni artisti sostengono che a Napoli ci sia una carenza di spazi per fare musica. Qual è la tua idea in merito a questo?
A dire il vero Napoli offre molti spazi dove poter fare musica o esprimersi anche se bisogna combattere parecchio per conquistarseli. Io il prossimo 5 gennaio calcherò il palco dell’Up Stoke, un tempio della musica dove è passato un grande come Pino Daniele e questo può farmi solamente onore. Purtroppo si crede poco nel patrimonio musicale di questa città. Occorrerebbe più coraggio e i risultati sicuramente darebbero ragione.

Perché ne sei così sicura?
Perché Napoli continua a raccontare il mondo anche con le canzoni che nascono nel suo ventre, ma racconta anche sé stessa utilizzando, semplicemente, linguaggi diversi. Ricordo Enzo Gragnaniello o Eugenio Bennato ma poi anche tutti i giovani neo melodici, un fenomeno musicale non gradito da tanti ma che io plaudo perché con una lingua propria raccontano la città sociale.

Veniamo al concerto che presenterai a Napoli il 5 gennaio.
Il concerto sarà praticamente la voce di Napoli Evolution, un vero e proprio incontro di sonorità, la fusione tra la tradizione napoletana e il contemporaneo. Ripenso alla musica napoletana, consentimi quest’affermazione, accostando alla lingua napoletana tentazioni che partono dal jazz fino al rock, per poi raggiungere Bahia, il Brasile e la Jamaica.

C’è un brano di cui ti appropri e al quale sei molto legata che proponi in questo concerto, è vero?
Sì, e si tratta di “Fragile” di Sting che ho tradotto prima dall’inglese all’italiano e poi in lingua napoletana rispettando la melodia del brano.

Voglio chiudere quest’intervista parlando del Festival di Sanremo sul cui palco quest’anno, tranne la giovane proposta Rocco Unth, non salirà nessun partenopeo. Tu cosa ne pensi?
Sanremo è un palcoscenico importante e una vetrina altrettanto ambita. Se dovessero chiamarmi non esiterei un solo istante ad andarci. Credo che si tratti di una semplice casualità visto che anche lo scorso anno ci sono state tante presenze partenopee al teatro Ariston.


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