Sedi estere e nuovo contratto di servizio

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VERSO IL CONVEGNO DEL 2 LUGLIO AL CNEL (Art.21/Fondazione Di Vittorio) – Per avere la certezza del proprio futuro la televisione pubblica deve produrre contenuti validi. Solo così si giustifica il canone e si riesce a restare sul mercato vendendo i programmi anche all’estero. Insomma il modello ancora valido resta quello della “vecchia zia”, così come gli inglesi chiamano la Bbc. Il dibattito che in questi giorni investe la Rai fa emergere con nettezza  questa necessità per rintuzzare ogni ipotesi di vendita di reti o pezzi dell’azienda che nonostante i molti acciacchi restano appetibili. In questo contesto le sedi estere della Rai dovrebbero essere potenziate, inaugurarne di nuove e riaprire quelle chiuse  perché sono i soli fari in tutto il panorama informativo italiano che illuminano i problemi di un mondo sempre più globale, che con sempre maggiore insistenza bussa alle porte delle nostre case: troppo spesso preferiamo non aprire, ignorare e far finta di non sentire. Il successo che da 20 anni premia in edicola un settimanale italiano interamente dedicato agli esteri (l’unico in crescita a fronte della crisi nel settore specifico) è la prova che non è un prodotto di nicchia dedicato ad un piccolo gruppo di iniziati. Insomma gli avvenimenti esteri meritano quello spazio spesso negato dalla programmazione: un po’ perché gli italiani (a causa della crisi) stanno ridiventando emigranti, un po’ perché sarebbe necessario conoscere in tempo reale che cosa succede nei tanto celebrati paesi del Brics, prima che le contestazioni violente ci facciano sbattere la faccia contro un Brasile definito dai più in crescita felice ma dove l’ineguale distribuzione della ricchezza non fa che aumentare le disparità e la rabbia sociale. L’occasione (ma forse si tratta di una necessità con cui prepararsi a fare i conti tra 3 anni) è il rinnovo della convenzione tra Rai e Stato. Sicuramente questa volta non ci troviamo di fronte a quella ripetitiva ritualità della firma dell’accordo che ha accompagnato il servizio pubblico fino ad oggi ma bisognerà riempire di contenuti (ed offerte) quel contratto per continuare a chiedere il canone. Le sedi estere della Rai diventano quindi parte integrante di questa offerta che solo il servizio pubblico può garantire. Nessuno infatti  potrà imporre ad eventuali editori privati l’apertura di presìdi in parti del mondo poco appetibili che non presentano interessi (politici o economici) immediatamente “esigibili”. Solo la Rai (contando sulla sua storia, su capacità e professionalità) potrà rispondere a queste esigenze, potenziando l’offerta informativa e spalancando la finestra sul mondo.

* Articolo21 (Circolo di Nairobi)


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