Egitto. Dalla Costituzione alla piazza: l’aggressione alla libertà di stampa

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Sono ore di tensione in Egitto. Ore in cui ad essere pesantemente minacciata è anche la libertà di stampa e i giornalisti divengono facili bersagli dei supporters del presidente Morsi. A denunciare la gravità della situazione è il portale di Reporters sans frontieres, partendo dal caso di Abu Al-Hosseiny Deif , giornalista del quotidiano Al-Fagr colpito da un proiettile sparato in testa a distanza ravvicinata e morto stanotte.
Secondo le testimonianze raccolte da Rsf, Abu sarebbe stato deliberatamente colpito mentre si trovava in piazza a documentare gli scontri in atto e, poco prima di essere colpito avrebbe anche mostrato ai suoi colleghi una serie di foto riguardanti i sostenitori di Morsi con in mano armi “molto sofisticate”, motivo per cui sarebbe sparita subito dopo anche la sua macchina fotografica.

Non un caso isolato quello di Abu. Sempre Rsf denuncia altri casi di aggressioni e minacce a danno di giornalisti presenti in piazza. Questa notte sarebbero stati aggrediti “Mohamed Azouz del giornale governativo Al-Gomhuria, Osama Al-Shazly del quotidiano Al-Badil, Islam Abdel Tawab d’Al-Alam Al-Yawm, Sahar Talaat corrispondente di Radio France Internationale e un giornalista del canale televisivo ON-TV.” Mentre il 5 dicembre, riporta sempre RSF, sarebbero stati vittima di aggressione anche dei giornalisti di una Tv turca.
Una situazione esplosiva dunque e preceduta dalle proteste della stessa categoria di fronte alle restrizioni per la libertà di espressione imposte dalla nuova Dichiarazione costituzionale emanata il 22 novembre scorso e per la quale si andrà a referendum il 15 dicembre.
Per scongiurare questa eventualità anche il sindacato dei giornalisti è ricorso ad una giornata di sciopero usando lo slogan “No alla dittatura”, protesta cui hanno aderito 5 canali televisivi e 12 testate cartacee.

A schierarsi apertamente dalla parte dei giornalisti egiziani estendendo il messaggio a livello internazionele, il CpJ che così spiega le restrizioni contenute nella nuova Costituzione: “Secondo il codice penale in vigore, il governo può perseguire le critiche come quelle avanzate da Alber Saber, sotto processo dallo scorso settembre per “aver offeso la religione” e “insultato il presidente”.
L’articolo 215 rimpiazza l’Higher Councli for Journalism, un organo eletto dagli stessi giornalisti, con il National Media Council e delle persone nominate dal governo, che avranno il compito di “istituire controlli e regolamenti che assicurino l’impegno dei mezzi di comunicazione ad aderire agli standard professionali di eticità” e ad “osservare i valori e le profonde tradizioni della società”.
Inoltre, l’articolo 48 permette a una qualsiasi corte di chiudere un organo di stampa se un controllo giurisdizionale considera che un giornalista non abbia rispettato le sue disposizioni, tra cui quella di “rispettare il carattere sacro della vita privata dei cittadini e i requisiti della sicurezza nazionale”.
L’articolo 216 annuncia poi la creazione di un’altra agenzia (la National Press and Media Association), che gestirà i mezzi di informazione pubblici, di proprietà statale.
Il medesimo articolo non specifica come saranno selezionati i membri né offre dettagli su come questa farà in modo che i media aderiranno ai “ragionevoli standard professionali, amministrativi ed economici”. ( articolo tradotto per Osservatorioiraq)

Insomma una gabbia vera e propria che consente di perseguire e punire anche severamente i reati di opinione, esattamente, e forse anche peggio di quanto avveniva sotto Mubarak.


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