Diffamazione: indispensabile una riforma moderna della legge

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È francamente difficile dissentire dal Presidente  della Repubblica data la sua storia e la sua costante attenzione al mondo dell’informazione. Tuttavia le voci che  circolano,  secondo cui sarebbe in procinto di firmare un provvedimento di grazia a favore del direttore Sallusti, suscitano molte perplessità. E per vari motivi.

Anzitutto , l’istituto della Grazia è per definizione ad personam e ci sembra arrivato il momento di invertire decisamente la tendenza ad intervenire in tal senso.Poi  perché si creerebbe un pericoloso precedente. Cosa succederebbe infatti se domani un Giudice, applicando la legge in vigore , condannasse un giornalista od un direttore ad una pena detentiva? Escludendo che il Capo dello Stato possa intervenire ogni qualvolta un giornalista venga condannato per evitargli il carcere, come sarebbe giustificabile la differenza di trattamento?

Ma il motivo principale per cui non è auspicabile la concessione della Grazia a Sallusti è un altro e risiede nel fatto che affosserebbe ogni tentativo di riforma della legge sin qui tentato. Intendiamoci, non è che circolino  proposte particolarmente interessanti  e molte di queste, a ben vedere, creano più problemi di quanti non si propongano di risolverne.
Però, se il dibattito resta acceso, quantomeno si può nutrire la ragionevole  speranza che il Parlamento (questo o il prossimo) possa tentare la via di una riforma assolutamente necessaria. Anche perché, a ben riflettere, il carcere per i giornalisti o il direttore, non è l’unico problema che pone l’attuale normativa che, non dimentichiamolo è pur sempre piuttosto antiquata  e mal coordinata con gli istituti processual penalistici,  che invece hanno avuto una profonda evoluzione  con l’introduzione di istituti ignoti al legislatore precedente e  che in taluni casi possono essere utili ad una migliore gestione dell’affare penale.  Ad esempio permettendo al Giudice , attraverso l’opzione di un giudizio abbreviato, di valutare se una rettifica , completa ed adeguata , non possa essere sufficiente a ritenere estinto il reato.

Insomma è attraverso la restituito in integrum , che deve anzitutto  passare  la soluzione del problema penale della diffamazione a mezzo stampa.
Essa sarebbe certamente  più in linea con il sistema , che ha infatti  previsto una perseguibilità a querela di parte  del reato e non ex officio e ciò perché non avrebbe avuto senso dare una rilevanza pubblica alla tutela di  beni personali come l’onore o la reputazione.

Se il bene giuridico tutelato dalla norma è questo,allora  una corretta rettifica dovrebbe bastare a salvaguardarlo.
Qualora invece la falsa notizia abbia provocato un danno, allora sarà la giustizia civile a doverlo accertare ed il soggetto leso sarà chiamato a fornire la prova del danno, sia sotto il profilo dell’an che del quantum .

In altri termini appare piuttosto schizofrenica  una disciplina come quella odierna che da un lato riconosce l’offesa all’onore ed alla reputazione come beni personalissimi  di cui la parte  ha  la disponibilità assoluta , ponendogli  i limiti e i vincoli propri di una contesa privata  (obbligo di querela, termini tassativi et coetera) e dall’altro  prevede che l’eventuale soccombenza venga punita con una sanzione penale che in ogni caso, è destinata a produrre effetti giuridici rilevanti.

Una moderna disciplina , veramente riformista ed attenta a tutte le esigenze,  deve avere come riferimenti un serio obbligo della rettifica ed una devoluzione completa delle pretese civilistiche al Giudice civile, escludendosi in presenza della restituito in integrum, risarcimenti punitivi la cui stessa previsione troppo spesso costituisce una minaccia al diritto di informare.

* Avvocato


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